Come dicevano nel Rigoletto? Il tifoso è mobile qual piuma al vento, Quindi ecco come il barometro dei commenti sulla Fortitudo nelle ultime settimane sia passato dall'esaltazione al voler buttare tutto nella spazzatura, dalla gioia alle sopracciglia alzate con sdegno. Sono i social, bellezza, chioserebbe Humphrey Bogart, ma è anche vero che la sinusoide dei risultati e del rendimento della Effe non aiuta ad avere un giudizio equilibrato. Di certo, c'è stata una leggera flessione. Di certo, perdere certe partite è un po' come fare un tour elettorale al contrario. Di certo, perdere con squadre in precedenza quasi disperate come Trieste (che non vinceva da quando era ancora sotto gli austriaci) e Pesaro (in modalità Irge Desio) ha fatto storcere il naso. Di certo, farsi ghigliottinare nel derby non ha facilitato il resto del percorso.

Ora sta però alla squadra decidere cosa fare della propria stagione, ricordando che a Venezia sulla carta si può perdere senza che questo porti ad ulteriori vesti stracciate: il buon rendimento della prima parte d'anno porta per forza di cose al noblesse oblige dell'alzare un po' la panoramica delle aspettative rispetto all'iniziale voglia di salvezza, chiaro. Ed è naturale avere oggi un qualche traballare delle proprie convinzioni. Ma si mantenga un minimo di equilibrio, e magari vedere cosa fare, per superare quella che di fatto è la prima vera empasse da quando Martino è da queste parti. Magari rinfrescare un po' con Dellosto, sperando di averlo abile e non limitato: allungherebbe rotazioni e darebbe motivazioni, perchè no? E poi, aspettare gli altri, con calma.

Venezia, quindi. L'ultima volta fu quasi 26 anni fa, marzo 1994, quando l'allora Filodoro fece 94-78 con doppio ventello di Fumagalli ed Esposito. Vincenzino che era al rientro, dopo un infortunio su cui la stampa settimanale avversa ricamò, notando come O'Pazzo si fosse fermato proprio in contemporanea allo stop per doping di Mario Boni, alludendo senza andare oltre. L'attuale coach di Brescia non se ne curò e fece 26 in 19'. Ma storica anche una sconfitta, il 30 marzo 1986: finì 107-89, ma quel giorno arrivò la matematica promozione in A1 grazie ai classici "risultati dagli altri campi".

La Reyer di oggi è una di quelle che si definirebbero malate misteriose, campione d'Italia che naviga a metà classifica, stesso record della Fortitudo, con poca trasferta (2-7) ma ottima casa, dove è 7-1, perdendo solo di uno con Milano, e navigando con il proverbiale farne pochi e beccarne ancora meno: penultimo attacco e miglior difesa casalinga (67!), per intenderci. Non è nemmeno problema di amalgama, essendo più o meno tutti gli stessi dello scudetto scorso: attenti all'estro di Daye (14 di media pur tirando sotto il 40%) e ai chili di Watt (14+7 e il 62% da 2), al 41,5 da 3 di Bramos e alle incursioni di Tonut. E, soprattutto, alla voglia di riscatto di chi, al Paladozza, fu scalpo non previsto di una allora ancora entusiasta Fortitudo.

(foto Fortitudo - Valentino Orsini)

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