La carrozza torna zucca, per la Fortitudo che nella sua semifinale nemmeno entra in gara contro una Brindisi più dinamica, più veloce, più energica, più tutto: fin troppo spompi i titolari, stavolta dalla panchina sarebbero servite magie per rientrare nella partita, e nulla è andato bene per Bologna. Non c’è equilibrio già dalla palla a due, con primo parziale di 0-7 a indirizzare la partita verso la parte sud della A14. Dieci, venti, trenta punti: forse ingeneroso l’andamento per chi ieri aveva fatto faville, ma i limiti della squadra ci sono e nessuno li ha mai nascosti. E, appunto, nessuno a chiederne la scarpetta indietro. Ma già essere arrivati qua non era previsto: basterà a non avvelenare i pozzi?

Si parte con i brindisini che sembrano tutti elicotteri, di fronte alla Fortitudo. Vola Martin, vola Thompson, decolla Brown di fronte ad un piantato Sims, e non c’è uomo o zona che tenga, specie perché davanti Aradori e Robertson ciccano gioiellini (2/10 di coppia), ed è 9-21. Prima a metterci toppa Cinciarini, ma ci si mette anche il gong a cancellare (giustamente) il primo cesto di Stipcevic da qui a una vita: il croato è disperato ma l’istant dà ragione ai fischietti, ed è 12-23 al 10’.

Senza razzi ad aprire la scatola da lontano tutto diventa più complesso, e dall’altra parte Brindisi dimostra di non avere solo esterofilia nei propri tabellini: 3 triple tra Gaspardo e Zanelli, e una quindicina di divario viene messa sul campo come costante. Non funziona niente, Brindisi corre e salta da farci highlights ad ogni azione, Aradori si prende tecnico per dura protesta dopo contatto forse falloso su Sims, il 20’ arriva con Bologna alluvionata 45-24.

Ci sarebbe di che chiedere la manifesta inferiorità, o il gettare la spugna quando al rientro dagli spogliatoi Aradori si fa scippare sul palleggio e Sims continua a vagare senza quasi nemmeno idea di quale sia il cesto a cui tirare. Arriva un fin troppo imbarazzante 60-27, prima che Brindisi rallenti un attimo e sbagli una serie di possessi. La prima tripla bolognese della partita la mette Cinciarini, ma è quella del -30: dentro Stipcevic e Dellosto, ma chi non alza bandiera bianca è solo chi canta in curva. Terzo quarto, 64-37.

Il resto, solo garbage time: sgambata di qua e di là, e almeno evitando la Marianne storica delle Final Eight, che era un 32 di divario proprio fortitudino, stavolta a favore, di anni e anni fa. Fine della favola.

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