Usa la filosofia del bicchiere mezzo pieno, Alex Finelli, raccontando di come la sua Fortitudo, in fin dei conti, sia uscita dalle due trasferte di Forlì con un 1-1 che è, tutto sommato, quello che serviva per portare la serie a Bologna dopo aver fatto break e, quindi, con la possibilità di far bisboccia mantenendo il fattore campo nelle prossime due occasioni. Roba vera, perchè nei playoff è poi questo, che conta, e pensar di poter uscire dalla doppia palafieristica con già tre quarti di promozione era difficile. Anche solo per il fatto che, usando le parole del coach, ci sono anche gli avversari. Che, peraltro, non sono gli ultimi dei pisquani.

Però, il basket non è sport matematico, per cui invertendo gli addendi la somma non cambia, e il trasferimento del baraccone al Paladozza arriva con l'ultimo urlo lanciato dai romagnoli, messi quasi ko ma risollevatisi un po' per meriti propri, un po' perchè la Fortitudo, mercoledì, ha sbagliato praticamente tutto, in attacco. Certo, la buona volontà c'è stata eccome, e per una volta si è provato ad andare a servire Cittadini in movimento e non, more solito, in post bassi che portano solo a raddoppi e confusione. E per un po' non si è nemmeno cercato di far gol solo dall'arco: un po' di logica, insomma, che però non è servita. Ed è annegata di fronte alle palle perse, tante
più per qualità che non per quantità, dato che di 18 si parla, ma spesso portatrici di contropiedi e di facili canestri. Roba che, non riuscendo nemmeno a scollinare quota 60, diventa quasi un doping amministrativo per circumnavigare difese schierate e manovre offensive altrimenti asfittiche.

Quello che la serie fin qui ha detto è che Forlì è molto appesantita, altrimenti non si spiegherebbero i 56 fatti di media nelle ultime cinque partite. E' priva di Lestini, ha un Tommasini che sta giocando una partita al giorno da quasi due settimane, e si è fatta caricare dalle spalle di Forray: il regista oggi saprà se continuerà o meno la battaglia, cosa che gli comporterebbe uno stop più lungo per mettere a posto la mano fratturata. Ma è difficile immaginarsi una Forlì senza il suo piccolo grande eroe di gara 2, per cui la bilancia pende, fortemente, sulla sua presenza. Appesantita, dicevamo, ma del tutto in gara, anche solo con il cuore e con l'orgoglio. Roba retorica, se vogliamo, ma che mercoledì si è vista. Anche perchè, non dimentichiamoci, di un derby si tratta: magari non sentitissimo a
Bologna, ma che in Forlì è qualcosa che fa impazzire.

La Fortitudo deve fare di meglio. Deve trovare qualcosa dai suoi backup, ma deve soprattutto ritrovare Alejandro Muro, 1/9 al tiro e -5 di valutazione nelle prime due. Non esattamente quello che serve, al sudamericano, per salire sul canestro della promozione e tagliare l'ennesima retina. E, soprattutto, dovrà fare la voce grossa in gara 3,
facendo capire agli avversari che la pacchia è finita. Ogni alternativa non sarebbe contemplata.

Poi si potrà andare a discutere del fatto che le anse del basket estivo potrebbero rendere del tutto inutile questa finale (se Bologna salta, Forlì passa anche se perdente, ma se dovessero esserci delle fusioni al piano superiore, Comtec permettendo, le due nemiche salirebbero a braccetto). Però meglio vincerla sul campo, dato che di burocrazia ed economia ne parleremo per i prossimi mesi.

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