4 maggio 2016 - 19 giugno 2017. Due date indimenticabili per la Virtus. La prima segna la prima retrocessione sul campo in 87 anni di storia, "a suo modo un capolavoro”. La seconda, ieri, celebra un capolavoro ben diverso e molto più grande. Per riuscire a capirne le proporzioni partiamo con qualche freddo numero. In tutto i bianconeri hanno giocato 47 partite ufficiali, vincendone 36. Centrata l’unica promozione su 32 squadre - e marginalmente anche la vittoria della Coppa Italia, che pur non contando molto ha dato morale e consapevolezza alla squadra - e chiuso la stagione con un ruolino di marcia impressionante nei playoff: 12 vittorie e 2 sconfitte, finendo con 9 successi in fila e un bilancio di 6-0 in trasferta, compresa l’ultima e decisiva vittoria su un campo che era inviolato da 22 partite.

Davvero niente male, per una squadra partita senza obiettivi dichiarati, se non quello di “fare un buon campionato” e dare spazio ai giovani del vivaio. Sono arrivati risultati inaspettati, l’appetito è venuto mangiando e l’asticella si è alzata. Poi certo, fondamentale è stato il cambio di proprietà in corso d’opera, con l’arrivo di Massimo Zanetti e di Luca Baraldi che hanno portato denaro, idee e ambizioni, immediate e future. E passare da ipotizzare il turnover dei senior dopo l'arrivo di Bruttini per non perdere il premio italiani (che era stato calcolato nel budget) a poter andare sul mercato e prendere dalla serie A il miglior giocatore disponibile ha fatto decisamente la differenza.

Oltre a tutti quelli che sono andati in campo, dal primo all’ultimo, i meriti maggiori sono di chi questa squadra l’ha allenata, Alessandro Ramagli, che ha costruito un gruppo pronto ad andare nella giungla per lui - per citare Ettore Messina. Ci sono stati alti e bassi, ma ogni problema, dagli infortuni ai mancati risultati in trasferta, è stato superato con pochi proclami e tanto lavoro.
E poi chi la squadra l’ha costruita e gestita, Julio Trovato e Loredano Vecchi.
E soprattutto ad Alberto Bucci, il presidente più amato dai virtussini dai tempi di Alfredo Cazzola. Il suo lavoro è stato fondamentale, sia per l’entusiasmo che ha mostrato dal primo giorno, sia per il lavoro di ricostruzione dopo la retrocessione, cercando anche gente che fosse cresciuta in Virtus o ci avesse già giocato, ma soprattutto per aver sempre tenuto la barra dritta negli momenti di burrasca della stagione. Il momento più critico, è facile dirlo, è stato l’immediato post-partita della sconfitta in gara2 contro Casale coach Ramagli ha rischiato di perdere la panchina. La svolta è partita da lì, e dalla successiva reazione della squadra, prima nel doppio successo piemontese, poi nella reazione ancora più rabbiosa dopo aver perso gara1 con Roseto. Da lì in poi, è stata una cavalcata: tutti con Ramagli, tutti verso la serie A.

Il risultato più grande raggiunto da questo gruppo è certamente la promozione, ma ce n’è un altro non quantificabile con numeri. Si tratta di aver ridato entusiasmo a un popolo che dopo la retrocessione - preceduta da troppi anni di magra - era ai minimi storici, anche come presenza a palazzo. Con tanto lavoro, pochi proclami e i risultati che sono pian piano arrivati l’entusiasmo è tornato, dopo essere partiti davvero da quasi nulla, da una grigliata in Arcoveggio con pochi tifosi dopo un’amichevole estiva, e da circa 2000 abbonati, con tanto di polemiche per i prezzi non popolari.
Si è cresciuti piano piano, e in questo progresso decisivo è stato il ritorno al PalaDozza, che ai playoff è partito mezzo vuoto ed è arrivato pieno, tutto nero e caldissimo, e non solo per l’impianto di condizionamento da revisionare. Si ripartirà da Piazza Azzarita, e a quanto pare subito con ambizioni: un clima così attorno alla Virtus non si respirava da anni, e non andrà sprecato. Si vedrà, ma le premesse (anche dai nomi di mercato che girano, Aradori o Alessandro Gentile) ci sono tutte.

VIRTUS, LA FESTA IN PIAZZA MAGGIORE
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