Ho iniziato a giocare a basket a 16 anni, dopo che il mio coach all’high school ha insistito un bel po’, dato che ero già molto alto. Prima di fare basket, infatti, giocavo a hockey. Il mio viaggio in questo mondo mi ha arricchito veramente tantissimo, in tutti sensi tranne che in quello economico. Ho visto posti incredibili e giocato con giocatori fortissimi, diventati poi buoni amici.

La differenza più grande è nello stile di gioco: pur essendo in entrambi i casi, come ovunque, basato sul pick and roll, in Italia fa la differenza anche il tiro, sia in uscita dai blocchi che attraverso le spaziature offensive.
Oltre agli Stati Uniti, hai giocato anche in tanti paesi europei diversi. Che differenze hai trovato?
In Italia, come del resto un po’ ovunque, c’è grande amore per lo sport… magari qualche volta i tifosi italiani bevono qualche birra in più [ride, ndr]. Scherzi a parte, il tifo è qualcosa di incredibile, anche se nei momenti difficili può mettere sotto pressione.

La cosa che amo di più di Cento è la stessa che, a volte, la rende un po’ noiosa: è un posto piccolo ma dove c’è un forte senso di comunità, quasi come una grande famiglia. Lo sento, ad esempio, quando vedo i miei compagni fuori a cena, i tifosi che mi caricano per strada o anche solo i vicini di casa che sanno chi sono e mi salutano se ci incrociamo.
Nel tempo libero, invece, cosa ti piace fare?
L’Italia è bellissima, per cui mi piace molto visitarla: ho già visitato Milano, Firenze, Torino, Bologna. Verona. Trento, Roma e anche il Lago di Garda. La mia fidanzata si assicura che, quando ho un giorno libero, sia possibile passarlo scoprendo posti nuovi, visitando musei e mangiando fuori.

Mi aspetto partite difficili, nonostante il nostro obiettivo, fare i playoff, sia stato raggiunto. Ai tifosi dico che non siamo ancora sazi: ci serve il vostro supporto per continuare a fare bene!

Il Canale Telegram di Bolognabasket: tutti i dettagli
La clamorosa vittoria dell'Italia contro gli USA a Colonia