DEXTER PITTMAN: NON SONO PREOCCUPATO, LA STAGIONE E' LUNGA. DOBBIAMO TROVARE LA GIUSTA CHIMICA
Dexter Pittman è stato intervistato da Stefano Brienza su Stadio.
Ecco le sue parole.
Come descriverebbe il suo stile di vita? «Sono un bravo ragazzo, rimango sempre a casa... no, sto scherzando. Mi piace uscire con i miei compagni, in particolare con Penny Williams, visto che viviamo vicini e giriamo sempre in coppia. Sono un tipo tranquillo, mi piace stare in relax, scherzare e godermela insieme agli amici».
Non è uno da discoteca? «A volte, ma non spesso. Magari nel weekend quando ho amici che mi vengono a trovare, ma dopo aver vissuto a Miami non mi impressiona più nulla quando vado nei locali. Ormai mi sembrano tutti dei balli di fine anno scolastico da ragazzini. A Miami invece uscivo tutte le sere. Se vivi lì devi godertela! Non puoi fare altrimenti, sei costretto. Anche alla University of Texas c'erano dei party enormi ed eravamo sempre in giro. Ma adesso ho lasciato perdere».
Nelle nottate di Miami usciva insieme a Lebron e Dwyane Wade? «Certo, eravamo compagni di squadra tanto quanto ora lo sono Penny, Allan e gli altri. Negli Heat c'era lo stesso cameratismo, vivevamo insieme anche fuori dal campo ed è questo che ti rende una buona squadra. È importante sapere che anche se ci saranno - e ci saranno sicuramente - screzi in palestra, alla fine della giornata rimaniamo tutti fratelli fuori dal campo».
Altri hobby? «I videogiochi, in particolare gli sparatutto, il mio preferito è Destiny. E poi Fifa, il gioco di calcio. Nessuno può battermi a Fifa, sfido chiunque e vinco sempre. Sfidatemi, vi aspetto!».
Ha voglia di parlare della sua dieta? «Sto sempre attento al numero di calorie che assumo. Generalmente cerco di non immagazzinarne troppe, ma quando lavoro duramente come facciamo qui, so che devo assumerne nella giusta quantità per bruciare più grassi e sviluppare i muscoli. Quando ero più grosso non ero educato sulla materia, mentre da qualche anno mi tengo molto informato. Ingaggio sempre cuochi e trainer di alto livello e sfrutto qualsiasi mezzo che mi aiuti a mantenere il mio peso forma».
In Italia come si è mosso? «Ho assunto un cuoco che si sposta appositamente una volta a settimana col treno da Milano, viene a casa mia e cucina per me, lasciandomi cibo per i sette giorni successivi. L'ho conosciuto grazie a Marshon Brooks che giocava a Milano l'anno scorso. È un ottimo cuoco e una gran risorsa per il mio lavoro».
Una puntata al ristorante ogni tanto se la concede? «Certo, ci vado spesso con i compagni. Io e Penny amiamo provare continuamente cose nuove, siamo dei discreti intenditori. Capire il nostro giudizio sul cibo è facile: se è buono torneremo, altrimenti no. Già negli States amavo il cibo italiano fatto dagli americani. Ovviamente qua ha una marcia in più. Sono appassionato di lasagne, ne ho già trovate di eccezionali».
Ha intenzione di imparare l'italiano? «L'italiano purtroppo è una lingua molto difficile, ma me la cavo con lo spagnolo. L'ho studiato a scuola, visto che in Texas è la seconda lingua, ma anche a Miami la comunità latinoamericana è dominante. In più ho vissuto un anno a Portorico».
Cosa ha imparato, fuori dal campo, dalle super-star NBA? «Come spiegavo prima, erano dei compagni di squadra perfetti. Si comportavano da veri professionisti, ed è la stessa cosa che cerco di fare io ora. Siamo personaggi pubblici, andiamo in giro rappresentando il logo della società sul nostro petto, e qualsiasi cosa tu faccia di sbagliato avrà ripercussioni negative sulla squadra. I veri professionisti sanno sempre che la squadra sta sopra tutto. Sono insegnamenti importanti che ora cerco di ritrasmettere ai miei compagni».
Si sente un leader? «A livello caratteriale non sono il tipo di persona adatta a fare il leader, mi piace essere colui che dispensa conoscenza. Il mio modo di essere leader è dare consigli riguardanti cose che ho già visto o che ho imparato a vari livelli».
È preoccupato delle ultime prestazioni? «No, la stagione è lunga. Il problema è trovare la chimica di squadra, essendo una squadra giovane dobbiamo crescere tutti insieme e trovare la giusta alchimia interna».
Cambierà qualcosa in vista di Pesaro? «È un segreto (ride, ndr). Dobbiamo seguire il coach, che ci chiede di giocare il più possibile di squadra. Abbiamo incontrato Pesaro in precampionato e conosciamo abbastanza il loro gioco, ma la cosa importante, a prescindere dalle strategie, è giocare sempre di squadra».
Di Bologna cosa pensa? «Mi piace molto, è una città che vive di basket e poche volte si incontrano tifosi così appassionati. Vivo in centro, vicino alla stazione, e sto migliorando la conoscenza la città ogni giorno che passa».