Difficile capire chi possa fermare, a questo punto, la Fortitudo: azzoppata dai disastri di Flowers, i bolognesi se ne fregano altamente della faccenda, sapendo che prima o poi la fortuna può girare. E gira quando, sul -5 a metà ultimo quarto, il fino a quel momento sciagurato Montano trova una tripla di quelle che, mettiamola in questo modo, a riprovarci altre diecimila volte dentro non ci va mai. Lì cambia l’andazzo, e il finale di gara è nuovamente un tripudio biancoblu. Che ora, sul 2-0, dovrebbe perdere al Paladozza in 48 ore più volte di quanto non fatto durante tutta la stagione. Magari non è semifinale certa, però, catalanamente parlando, meglio essere 2-0 che non 0-2.

Ormai convinta di essere una succursale di Grinnell, la Fortitudo parte tirando qualsiasi cosa passi per le proprie mani, fosse anche la borraccia dell’acqua, da dietro l’arco dei 3 punti. E non va nemmeno malaccio, perché c’è gente in fiducia, ed è facile prendere un po’ di vantaggio quando ogni gol da una parte vale più di quelli dei propri avversari. Campogrande balza, Candi pare in estasi, Amoroso è ignorante alla basilesca potenza, ed è 16-10. Peccato qualche sbavatura dietro, roba strana da dire per chi ne becca così pochi, e arrotondamento di fine quarto a 16-14.

Non si va in area nemmeno sotto tortura, per cui quando non si riesce a tirare da fuori Agrigento rifiata e ringrazia, con Martin che in varie occasioni trova l’impatto. Intanto, comunque sia, la manina rimane felice, ed è manna dal cielo considernado che, dietro, non è che ci sia il famoso silicone sigillante con tanto di tettona incorporata. Campogrande sfagiola il 36-33, Italiano arrampica dai 4 metri il 38-35, e forse pare quasi uno spreco, avere solo 3 punti di vantaggio tirando 8/15 da 3 punti. Peraltro senza mai forzare una boccia.

Blandamente umanizzate le percentuali dall’arco, e faticando un po’ di più del solito a vergar cerniere lampo dietro, al rientro (con Italiano unico degli starters superstite) Bologna riparte con la retromarcia, facendosi uccellare un 8-0 al battesimo della frazione e ritrovandosi, quindi, in perenne rincorsa. Non si procacciano liberi (i primi della partita arrivano nelle mani di Candi dopo 29’), e serve massima attenzione per non ritrovarsi ad inerzia boomerang. 55-50 Agrigento, poi quei liberi già citati grattati da Candi aggiustano per il 57-53 Agrigento al 30’.

Bologna ha rotazioni, pur senza Flowers, che Agrigento si sogna, ma in attacco non ci sono più giro di palla e spesso il gioco è quello di andare ad impiccarsi negli angoli. Ramadan collettivo, che colpisce con Agrigento a +5 (63-58), prima che l’attacco si sblocchi grazie ad una tripla di Montano with a little help from my ass. E’ soprattutto però Amoroso a togliere castagne dal fuoco (anche se, nel clima siculo, ci fossero castagne verrebbero cotte anche senza bisogno di aiuti), mettendo la freccia a 3’30” e ringraziando discrete padelle insulari dalla lunetta. Agrigento non sa più che pesci pigliare, Carraretto cancella una partita di ferri con la sospensione del +5, e si può andare oltre l’eccessivo nervosismo nel finale di Daniel e ricordare solo il risultato finale. Il resto non è, diciamo, roba importante.

(foto Giuseppe Greco)

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