Marco Carraretto è stato intervistato da Luca Aquino per il Corriere di Bologna.

È superstizioso? «Un po'. Perché?»

Tocchi tutto quello che vuole, ma i numeri della sua carriera dicono: 21 finali e 19 vittorie. Abbastanza per il titolo di uomo delle finali? «Questi numeri direbbero di sì, ma significano che sono stato fortunato ad avere fatto parte di squadre pensate per vincere. Merito di tutti i compagni con i quali ho giocato».

Questa finale è un po' diversa da tutte le altre? «A parte quella della promozione dalla A2 con Udine nel 2000, partendo dalla stessa posizione di quest'anno, ho sempre fatto parte di squadre che partivano favorite. Quest'anno mi dà grande soddisfazione, dopo un campionato difficile, costellato da infortuni, con un gruppo che la scorsa stagione giocava in quarta serie ma che grazie al lavoro ha avuto la forza di stupire e competere anche due categorie sopra. Molti dicono che con la carriera che lo alle spalle questa finale ha meno appeal, ma non è vero. La fatica è sempre enorme e avere la consapevolezza di condividere delle gioie con compagni che hanno questo spirito di sacrificio rende tutto bellissimo».

La costante con quella Udine è Boniciolli, suo allenatore anche allora. «Sono due esperienze avute all'inizio e verso la fine della mia carriera, ma con lo stesso fascino. Anche a Udine arrivammo a una promozione a cui credevano in pochi, ci sono tante analogie, speriamo non cambi il risultato finale».

Come è cambiato, invece, Boniciolli in questi anni? «A Udine era agli inizi anche lui, poi ha fatto tante esperienze ad altissimo livello sia in Italia sia all'estero e la sua conoscenza della pallacanestro si è affinata. Non è cambiata la sua passione: la voglia di stare in palestra per migliorare i giocatori e farli andare oltre i loro limiti è sempre la stessa. È un allenatore molto duro, pretende molto mentalmente e fisicamente, ma per un gruppo giovane come il nostro è l'ideale perché i miglioramenti dei giocatori e della squadra sono palesi. Il suo arrivo ci ha dato il cambio di marcia per raggiungere certi obiettivi».

Siete sempre rimasti consapevoli, come Boniciolli ripeteva dall'inizio della stagione, che nonostante i passi falsi in regular season, i playoff sarebbero stati un'altra storia? «C'è stata un po' di frustrazione e ansia di raggiungere l'obiettivo playoff perché siamo sempre stati in posizioni al limite. Eravamo però consapevoli che, se su singola partita poteva mancarci qualcosa anche in termini di esperienza, su una serie saremmo stati competitivi».

Cosa che puntualmente è successa. Quando vi siete resi conto che si poteva puntare alla promozione? «Ancora oggi non ce ne rendiamo conto, affrontiamo ogni impegno come se non ci fosse un domani. L'unico obiettivo era stupire noi stessi, abbiamo fatto molto più di quanto preventivato a inizio anno, ma non vogliamo certo fermarci ora. La promozione farebbe rimanere questo gruppo per sempre nel cuore della gente».

Lei ne ha viste tante, ma com'è giocare al PalaDozza in questi playoff? «Sono 20 anni che gioco, ma ogni volta che scendo in campo qui mi vengono i brividi. La gente ci dà un'incredibile carica, ma molti tifosi mi hanno detto che è quello che facciamo in campo a trasportarli. Loro trascinano noi e noi trasciniamo loro, è qualcosa di fantastico».

(foto Pierfrancesco Accardo Photography)

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