IL DOPOPARTITA DI FORLI' - VIRTUS
Ieri a Forlì serviva la vittoria, per tanti motivi. Di sicuro per scrollarsi di dosso qualche “fantasma” da trasferta ma soprattutto per motivi di classifica. Quel che conta alla fine è che i due punti sono arrivati, e la Virtus resta prima, in attesa delle ultime tre giornate. La classifica continua a essere cortissima - con quattro squadre che possono giocarsi il primo posto - ma il pallino resta in mano ai bianconeri, che per ora sono ancora davanti a tutti e hanno il destino nelle loro mani.
Poi, la Virtus ieri non ha brillato. Forlì - pur priva di un americano - è rimasta sempre in partita ed è sempre riuscita a reagire a tutti i tentativi di fuga bianconeri, cedendo solo nel finale. Ma questo non è un problema, anzi. Le grandi squadre sono quelle in grado di vincere su campi difficili anche nelle giornate in cui non si gioca bene e il tiro non entra (8/25 da tre, ed era 5/22 prima delle tre triple decisive) e che hanno giocatori in grado di mettere la zampata decisiva quando conta. Ieri nel finale Rosselli ha francobollato lo spauracchio Johnson, e i punti decisivi sono arrivati dalle mani di Ndoja, Umeh e Lawson.
Sul nazionale nigeriano, c’è chi dice che è in calo, ma i freddi numeri dicono una cosa diversa. Nelle prime 15 partite di campionato Umeh ha giocato 31,6 minuti con 17,4 punti di media e il 45,6% al tiro. Nelle successive 12 ha segnato 17.1 punti di media in 31.9 minuti, con il 45,6% al tiro. Cifre sostanzialmente identiche. Certo, la continuità non è la specialità della casa, come ha ammesso ieri anche Ramagli. Ma che Umeh fosse questo tipo di giocatore si sapeva anche a settembre, quando è stato preso.
Quello che può invece preoccupare, in ottica playoff, è la rotazione. Non è una novità che coach Ramagli in trasferta tenda ad asciugarla, con i giovani che non trovano più spazio. Ieri - con Penna acciaccato - ci sono stati solo 11 minuti (molto complicati, eufemismo) per Pajola, a Trieste 14 in tutto divisi tra i due, a Verona appena 6 minuti per Penna. Oxilia non è mai entrato nelle ultime tre trasferte, e Petrovic è sparito dai radar da molto tempo.
E’ assolutamente giusto e normale che nei momenti caldi della stagione il coach vada con i giocatori più esperti, e di cui - evidentemente - si fida di più su certi campi e in certe circostanze. Il problema è che così facendo la Virtus - da squadra potenzialmente lunghissima - diventa una “normale” squadra con la rotazione a otto, e che ai playoff - quando si giocherà ogni due giorni - potrebbe avere qualche problema. Sicuramente in post season, soprattutto in casa, i giovani saranno ancora utili, però se l’obiettivo è quello della promozione (e per la nuova società lo è) aggiungere un giocatore esperto per allungare la rotazione dei veterani diventa una necessità assoluta. Ramagli e Rosselli nelle dichiarazioni della scorsa settimana hanno comprensibilmente protetto il gruppo, ma il bisogno di un innesto di livello c’è. E questo la società - che sta sondando il mercato da tempo - lo sa molto bene. Le risorse economiche ci sono, ora c'è il compito di convincere un giocatore di serie A a scendere di categoria (magari offrendo un pluriennale a un "big"), e quello molto più difficile di convincere la società che ne detiene i diritti a cederlo.
(foto Massimo Nazzaro - Pallacanestro Forlì 2015)