In vista del derby di Natale, Roberto Brunamonti è stato intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna.
Un estratto delle sue parole.

“Ero il capitano, un ruolo che mi piaceva, soprattutto in un periodo importante. Lo sentivo molto, sono situazioni nelle quali vivi all’interno di una squadra e di una società a 360 gradi. Non sei più solo quello che si allena e gioca le partite, ma ti immedesimi in tutto quello che gira attorno.
Il derby? Dal punto di vista emotivo è una gara unica, il senso di appartenenza alle due squadre, già forte, si amplifica ulteriormente quando ci si incontra. Ho avuto la fortuna di giocarlo tante volte e sottolineo la parola fortuna perché non capita a tutti di poter disputare una partita del genere.
Ero un simbolo rispettato anche dagli avversari? Ho sempre ricambiato la cosa. Se per batterli dovevo fare un punto in più del necessario ero motivato a farlo, ma la premessa è stata sempre quella di ricambiare il rispetto che ricevevo.
Un ricordo? Uno che giocammo e vincemmo proprio sotto Natale, con gli sfottò fra le tifoserie, ma è bello soprattutto l’interesse che genera e che non è ancora svanito.
Sfida tra ricchi e poveri? Sì, però in parte ho vissuto anche il contrario. Quando cioè la Fortitudo divenne veramente ricca con l’avvento di Giorgio Seragnoli e quasi si sentiva un certo imbarazzo perché non potevano più dire quella cosa. Nel derby i budget non contano.
Teodosic? Ho sentito tante stupidaggini quando è stato preso, tipo che arrivava alla Virtus solo perché era rotto, ma io ne ero strafelice perché sapevo che la garanzia era Djordjevic. È un campione ma anche come persona è straordinario, lo dicono i suoi compagni. Se hai fatto bene ovunque, oltre ad essere un fuoriclasse devi avere stoffa dentro”

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