Sasha Djordjevic ha rilasciato una lunga intervista a Flavio Vanetti sul Corriere della Sera.
Un estratto delle parole del coach bianconero.

La Virtus parte favorita in Coppa Intercontinentale e Coppa Italia? Premessa: sarà difficile, sul piano fisico, disputare due manifestazioni così ravvicinate e con un lungo viaggio di mezzo. Quanto alla Virtus, sarà solo una delle protagoniste. Sarà ambiziosa, ma non potrà non rispettare le avversarie. In particolare nella Coppa Italia considero le 8 finaliste tutte teste di serie: noi nei quarti sfideremo addirittura i campioni d’Italia di Venezia, squadra tosta.

Si aspettava la fuga in serie A? «Ho scelto la Virtus per cercare di portarla ad avere al più presto una chance di vincere: all’inizio erano solo programmi e desideri, ora invece vedo segnali di crescita. Però non abbiamo ancora combinato nulla: io sposo i fatti.
C’è qualcosa di nuovo di Djordjevic in questa Virtus? «Più che altro c’è il mio modo di vedere le cose. Sono esigente ed autocritico, pretendo il massimo da me stesso: mi spremo, sul piano sportivo, nel senso migliore della parola. Fin dall’inizio avevo un’idea di come progredire: vedo che funziona».

Come ha ritrovato Bologna? «Più bella, più internazionale. Vedo colore e calore. Ed è sempre pronta a sorridere e a essere allegra. Bologna oggi è più vicina al concetto di metropoli: in città si sentono lingue straniere. Vuole poi modernizzare i suoi impianti sportivi: è un altro messaggio importante».

Come ha ritrovato il campionato italiano dopo sette anni? «Più interessante: tutti possono battere tutti. Dopo anni al ribasso, c’è il rilancio. E questo grazie anche ad investimenti importanti, come quelli del dottor Zanetti e della sua Segafredo; al ritorno in serie A di realtà storiche quali Treviso, Roma e Fortitudo; e all’arrivo di campioni come Teodosic, Scola e Rodriguez. Però manca ancora una cosa: una Nazionale vincente».

Il guaio del basket italiano sono i giovani che non giocano? Non solo i giovani. Ma è altrettanto vero che potrebbero, anzi dovrebbero, lavorare di più. In un’edizione dei Giochi, LeBron James una mattina volle andare ad allenarsi alle 6; trovò Kobe Bryant, buonanima, che era già andato alle 5. Ecco, questo è l’esempio per i ragazzi: devono “stralavorare”, devono costruire il loro corpo.

Un deficit di fisicità? Vedo mediocrità nella base atletica dei giovani italiani. La storia che gli stranieri giocano di più è un alibi: dimostratemi che siete meglio di loro. In Eurolega, Milano ha provato a non ha utilizzato gli italiani nemmeno per un minuto: sarà un caso?

Superare l’Armani in una finale avrebbe un significato speciale? A me dà gusto battere chiunque».

Milos Teodosic è l'icona di questa Virtus. Milos è uno dei registi più talentuosi e geniali: è particolare, è bello da vedere, alza il valore dei compagni. Nel suo arrivo c’è il mio zampino: portarlo qui era decisivo per legarlo a un ciclo di crescita. Gli ho spiegato che avrebbe avvertito una passione che non aveva conosciuto da nessun’altra parte».

Il nemico più pericoloso per la Virtus? Il piacersi troppo, il pensare che sia tutto facile. La presunzione fa male: non dobbiamo credere di essere così bravi come scrivono».

(foto Virtus Pallacanestro)

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