VIRTUS IMOLA, DOMENICA IN CASA CON MODENA
Un tuffo nel passato. Non proprio come quello di Marty McFly e della mitica saga di Ritorno al Futuro (a proposito, il 21 ottobre 2015 saranno 30 anni esatti dal primo viaggio nel tempo di Micheal J. Fox e delle auto volanti ancora nessuna traccia…), ma pur sempre un tuffo.
Nella terza di campionato (domenica alle 18 al Ruggi), la Virtus affronta la Nuova Psa Modena, neopromossa in C Gold. Tecnico dei canarini quel Massimo Solaroli, già allenatore di Imola per una stagione e mezza, prima dell’esonero dello scorso Natale. Ricordate? Dopo la terza sconfitta su quattro partite, la società optò per un cambio in corsa, promuovendo a capo allenatori sul campo Alberto Alfieri e Carlo Marchi. Carletto e Alfio, dopo un primo periodo di iniziale assestamento, hanno di fatto fatto cambiare marcia alla Virtus, portandola ai playoff e a sfiorare per due volte la promozione in serie B.
Una serie B che, con Bettazzi in panchina, Imola insegue anche quest’anno, con ancora più voglia e intensità. L’inizio, però, non è stato facile. Una vittoria, sofferta, contro San Marino e un ko – seppur maturato in maniera rocambolesca – a Ferrara, che ha fatto arrabbiare non poco il nuovo tecnico giallonero, che si è sì assunto le responsabilità per la sconfitta, ma ha chiesto al tempo stesso un cambio di marcia importante ai suoi ragazzi.
«La nostra crescita passa necessariamente dal duro lavoro – spiega Bettazzi -. Il che non significa solo tante ore in palestra, anche perché purtroppo nessuno di noi è un professionista. Il duro lavoro è soprattutto quello che chiedo alle nostre teste per superare le difficoltà e farci trovare pronti ad ogni allenamento, prima ancora che in partita, per fare al meglio ciò che gli esercizi o i nostri avversari ci costringono a fare».
Un militare americano, George Hall, fu tenuto prigioniero più di cinque anni in Vietnam in condizioni assai disagevoli. Prima di partire era un buon giocatore di golf professionistico. Durante la prigionia, nelle lunghe ore trascorse in solitudine, nella sua piccolissima cella, decise di tenere la mente occupata immaginando di giocare a golf e lavorando, solo mentalmente, sui propri limiti. Quando fu liberato, sorprese tutti già al primo torneo, dimostrandosi un giocatore migliore rispetto a quello che era prima del Vietnam, pur non avendo preso la mazza da golf in mano per tanti anni. «Ecco, io pretendo molto da ogni mio giocatore – prosegue il coach giallonero -. Pretendo che mi permetta di allenare non solo la sua mano e le sue gambe, ma anche la sua testa. E soprattutto pretendo che non si accontenti, pure fuori dalla palestra, delle sue qualità. Dobbiamo però essere tutti consapevoli che il processo che porta a superare i propri limiti richiede tempo, sacrificio e taratura per gradi. Certo, sarebbe stato più facile per me puntare semplicemente sulle nostre qualità: ora, a ottobre, giocheremmo meglio e avremmo vinto a Ferrara, ma con il livello, gli americani e gli investimenti di alcune società, le nostre qualità non bastano se vogliamo davvero arrivare primi. Paradossalmente i miei ragazzi, così desiderosi di migliorare e diventare giocatori di categoria superiore, dovrebbero ringraziare Forlì, Piacenza, Fiorenzuola perché ci costringono, come gruppo e individualmente, a tirare fuori da noi più del massimo e a trasformare i nostri limiti in frontiere da superare». Frontiere che, come ci insegna George Hall, si trovano più dentro le nostre teste che non in campo.