IL SECONDO ADDIO DI LUCA DALMONTE: MOTIVI E CONSEGUENZE
Bollato come umarell l'altro giorno per l'ennesima sconfitta della Fortitudo - magari omettendo che a Milano l'obiettivo primario era non farsi male, e non certo spezzare le reni all'Urania - il popolo dei social, mobile qual piuma al vento, fa pollice verso quasi compatto verso la scelta della proprietà di salutare (Gian)Luca Dalmonte senza un reale motivo incombente se non quello di battute d'arresto precedenti evidentemente mal digerite. La decisione ovviamente è della proprietà, cioè di Gianluca Muratori e, lo sanno anche i muri, del suo consulente ombra Riccardo Sbezzi. Che, come noto, il siluro ce l'avevano già in canna da un pezzo, verso fine febbraio il momento in cui si era andati più vicino al cambio, dopo il tris di sconfitte Chieti-Mantova-Ravenna, con già pronto a subentrare il veteranissimo Giancarlo Sacco. Ripensamento poi all'ultimo minuto, pare grazie a un intervento di mister Flats Service Matteo Gentilini, e Sacco dirottato su Udine: questo il pensiero, esplicito, di Enrico Schiavina sul Corriere di Bologna.
Dalmonte viene così silurato dalla Fortitudo per la seconda volta, dopo l'addio dell'estate 2021, pagando nuovamente (stavolta però con risultati sul campo più altalenanti) i rapporti problematici interni alla squadra e alla società: cose che si speravano superate al momento della ri-firma, ma che nuovamente hanno portato all'impossibilità di gestire determinate situazioni. Ambiente a quanto pare da un po' di mesi diviso in due, con la proprietà (e parte della squadra) da una parte, il coach dall'altra, e il duo presidenza-sponsor a mezza via, con Di Pisa, però, spostatosi di recente dalla parte del taglio. Con Gentilini che, avvertito a cose fatte, differisce di qualche settimana pensieri e parole: visto come aveva difeso il coach e come aveva citato a Stadio le presenze destabilizzanti, le sue idee saranno comunque interessanti. Ad ogni modo, alla fine, la squadra non è mai stata realmente unita, con poca voglia da parte dei piani alti di lavorare per una tregua, poco interesse per il bene comune (chissà se ci sono altri Biordi, che ieri su Instagram ha festeggiato l'esonero, in giro), che fino a prova contraria sarebbe quella cosa chiamata Fortitudo e tutte quelle letterature su cuore, maglia e popolo.
Coach che peraltro aveva ottenuto, benchè con andamento alterno - e se ne possono capire le ragioni, tra infermeria e non solo - quello che era stato chiesto a inizio stagione, quando anche solo l'esserci pareva uno scudetto, ovvero i playoff. Senza fare il passo più lungo della gamba e spostando di almeno due anni gli obiettivi di promozione. Ora di colpo l'asticella si è alzata, con la voglia citata ieri dal Presidente di giocarsela con tutti. Praticamente, vincere ma fino ad un certo punto. Curioso.
Ora arriva Banks, che già nel 2021 aveva aiutato Dalmonte (che ne ottenne risultati sul campo ma ne pagò le conseguenze in altro modo) a risolvere questioni agonistiche e di spogliatoio, in una realtà che chissà se il trio Angori-Tasini-Breveglieri riuscirà a condurre alla ragione. Di certo, se le cose non dovessero migliorare, il brusco saluto al coach che accettò, davvero per amore, la panchina a luglio, si sarà dimostrato non necessario. Se si dovesse migliorare, allora vuol dire che finora qualcuno non aveva dato il 100%, per interessi non collettivi. E forse questo sarebbe ancora peggio, chissà.
(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)