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Ad oggi, Bologna è spesso città associata, sportivamente parlando, al magico e bellissimo mondo della pallacanestro. 

Le due principali squadre di pallacanestro della città sono la Fortitudo Pallacanestro Bologna 103 e la Virtus Pallacanestro Bologna, rispettivamente nella seconda e prima lega nazionale da diverso tempo; a questo si aggiunge una ricca storia di figure e giocatori che hanno contribuito ulteriormente ad impreziosire il panorama sportivo locale.

Non è raro, quindi, visitare Bologna proprio con l’intento di assistere ad una delle tante partite ospitate nei palazzetti cittadini; la città è praticamente tutta pedonale, dunque vi basterà lasciare le valigie in un deposito bagagli di Bologna prima di salire sugli spalti e dare anima e corpo per la propria squadra del cuore.

Ma facciamo un passo indietro: qual è la storia dietro l’arrivo della palla a spicchi nel capoluogo emiliano-romagnolo? Andiamo a vedere più da vicino il percorso storico della pallacanestro bolognese.

Le origini del basket bolognese

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Conosciuta universalmente con il nome di basketball, questa pratica sportiva nasce in America nel 1891 e arriva in Italia soltanto nei primi anni del Novecento, facendo inizialmente fatica a trovare il suo spazio vitale. 

Integrato inizialmente all’interno delle routine di ginnastica scolastica dalla professoressa Ida Nomi Pesciolini, il primo spiraglio di popolarità della pallacanestro coincide con la fine della Prima Guerra Mondiale. Le forze armate, infatti, iniziano a rendere lo sport piuttosto popolare in luoghi come Firenze, Roma o Milano e soltanto durante la prima metà degli anni Trenta si hanno degli effettivi sviluppi sportivi sotto le due torri.

Secondo alcuni rapporti realizzati dall’opera nazionale Balilla, infatti, già nel 1934 il gioco “di pallacanestro” (così chiamato all’epoca) era già piuttosto popolare tra gli avanguardisti bolognesi, e i campionati amatoriali realizzati dai giocatori dell’epoca finivano per allontanare i ragazzi da altre tipologie di attività, spesso inadatte a loro per età o costituzione fisica.

Fortunatamente, con il dopoguerra le cose cambiano e trasformano la pratica sportiva della pallacanestro in qualcosa di molto più nobile che una preparazione fisica per i soldati del domani.

Uno sport diviso tra due fronti

Con la stagione della Resistenza, a partire dalla primavera del 1945, la ricostruzione della società passa anche per il recupero delle passioni. Tra queste, ritorna in auge proprio l’interesse verso la pallacanestro, stavolta depurata da tutte quante le idee e le deformazioni proprie del regime fascista e più legata alla gioia e alla bellezza dello sport in sé.

In questo contesto, sia la Virtus Pallacanestro Bologna che la Fortitudo Pallacanestro Bologna erano già in attività. La prima, infatti, era nata come società sportiva generalista a fine 1800, mentre la seconda affondava le sue radici nella società sportiva Fortitudo; in entrambi i casi, intorno al 1930, nascono le squadre dedicate unicamente allo sport della Pallacanestro.

Sorvoliamo le storie delle singole squadre, poiché non basterebbero cinque o sei di questi articoli per raccontare le gesta dei giocatori, dei dirigenti e degli allenatori che hanno fatto la storia dello sport. Quello che invece è importante sottolineare è che, fino a oggi, il basket a Bologna ha avuto una grandissima importanza sociale, complice anche la forza delle tifoserie che si sono sempre dimostrate capaci di mostrare in maniera onesta e rispettosa il loro amore per la squadra.

Durante gli anni Sessanta, nello specifico, Fortitudo e Virtus giocavano entrambe nel massimo campionato nazionale e, attraverso le integrazioni di giocatori provenienti dall’America, erano forse al massimo storico della loro rivalità, con alcuni derby cittadini incredibilmente sentiti e diventati veramente degli elementi importanti della cultura popolare cestistica bolognese. Uno tra tutti, ad esempio, è il derby (conclusosi con la vittoria della Fortitudo, all’epoca denominata Eldorado per lo sponsor utilizzato) del 21 dicembre 1969, dove il giocatore Gary Schull fu colpito al volto durante un contrasto e continuò a giocare nonostante una copiosa perdita di sangue.

Bolognesi (d’adozione e non) in NBA

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Il buonissimo livello tecnico e tattico del basket bolognese ha reso la città un luogo di partenza e arrivo anche per chi inizia o finisce di giocare in NBA, ovvero la massima lega cestistica mondiale. Ci sono diversi giocatori che, prima di approdare in Italia, hanno militato in squadre NBA e viceversa, e che vale la pena citare per parlare del rapporto tra questo sport e la città rossa.

Mario Chalmers, ad esempio, è uno di questi giocatori; inizialmente considerato come il più forte playmaker nella classe 2005, fu scelto in draft dai Minnesota Timberwolves e poi ceduto ai Miami Heat. Nel 2015 si trasferisce ai Memphis Grizzlies, dove però subisce una brutta battuta di arresto, a causa della rottura del tendine d’Achille. Nel 2019 viene ingaggiato dalla Virtus Bologna, giocando pochi giorni dopo contro i Le Mans.

Il nome forse più conosciuto del recente basket italiano (e non) è quello di Marco Belinelli; nato in quel di San Giovanni Persiceto, Belinelli debutta in serie A con la Virtus nel 2002/2003, per passare poi alla Fortitudo; pochi anni dopo inizia in NBA con i Golden State Warriors e arriva all’apice della sua carriera nel 2013, quando approda nei San Antonio Spurs con un contratto biennale. Belinelli, ancora oggi, vanta il record di primo giocatore italiano a vincere una NBA Conference. Nel 2020 ritorna in Italia a giocare per la Virtus, continuando ad essere un’icona e fonte di ispirazione per moltissimi.

Meno noto, ma non solo per una questione storica, è il nome di Emanuel Ginóbili, cestista argentino con cittadinanza italiana nato nel 1977 e approdato al mondo del basket professionista nel corso della stagione 1995-1996. Gioca in Virtus Bologna fino al 2002 (vincendo nel 2000-2001 rispettivamente campionato, Coppa Italia ed Eurolega), sognando sempre l’NBA.

Un mondiale giocato molto bene per l’Argentina rappresenta il perfetto trampolino di lancio per presentarsi in America, ed è qui che entra nei San Antonio Spurs, squadra di cui diventerà uno dei giocatori più importanti in assoluto, con una serie di stagioni indimenticabili tra il 2004 e il 2007.

Si ritira dall’attività agonistica nel 2018, con estremo supporto e amore da parte della squadra e dei suoi tifosi, tanto che gli Spurs decidono di ritirare in suo onore la maglia numero 20.

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