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(Virtus Segafredo Bologna)
(Virtus Segafredo Bologna)

Sulla sconfitta della Virtus di ieri a Belgrado c’è poco da dire, o forse moltissimo. Partita praticamente chiusa dopo 3 minuti, con 1-11 di parziale iniziale. Quasi un quarantello preso, e ancora una volta mira tragica dall’arco, 2/22. Nona sconfitta consecutiva in Eurolega, e quinta in fila considerando anche il campionato. 

Ma a parte i freddi ed impietosi numeri, è il linguaggio del corpo della squadra a preoccupare maggiormente. Facce spente, nervosismo, ognuno che sembra giocare per se stesso. Fino a un mesetto fa, non era così. La squadra, pur con tutti i suoi limiti, gli infortuni e il mercato tardivo e non risolutivo, lottava. Non si battono Milano e Trento per caso, infatti. 

E’ chiaro che a un certo punto si è rotto qualcosa. Dusko Ivanovic, che poche settimane fa era a un passo dal rinnovo e ora decisamente no (eufemismo) pare aver perso il controllo della situazione. Con Tucker e Grazulis fuori rosa la coperta corta ormai è diventata un asciugamani, e anche ieri si sono visti in campo quintetti incredibili (Holiday da numero quattro, Clyburn da numero cinque), per arrivare persino a chiamare un challenge nell’ultimo minuto sotto di 35. La squadra d’altronde non fa nulla per aiutare il coach, anzi. Molti giocatori paiono non vedere l’ora di finire la stagione, per andare altrove. 

La società, dal canto suo, tace: dal 29 gennaio, giorno della cacciata di Baraldi, nessuno ha parlato.

E’ chiaro che così non si può andare avanti: servirebbe una scossa. Domani a Berlino e lunedì contro Reggio ci si aspetta una reazione d’orgoglio, se non altro per non arrivare ultimi in Eurolega e restare in linea di galleggiamento in campionato. Arriverà? Nel caso, ovviamente non basterebbe. Servirebbe anche un segnale di vita da parte della società, che tra poche settimane - a quanto si vocifera - sarà chiamata a Barcellona per discutere con Eurolega di una prossima licenza pluriennale

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Il Vecchio Stile: rispetto e chiarezza per la Virtus e il suo popolo