L'ex playmaker Virtus Renato Albonico è stato intervistato da Luca Muleo su Stadio, e ha parlato della coppia Mannion-Pajola.
Un estratto delle sue parole.

Essere i playmaker non è come fare il tiratore o prendere i rimbalzi. Anche perché man mano che si cresce e si diventa bravi l'aspirazione è segnare canestri. Io invece provavo più gusto a farlo fare agli altri. Playmaker si nasce, e loro lo sono.
Di Pajola mi colpisce la grande umiltà con la quale si mette in campo a totale disposizione della squadra. Forse fin troppo fino a qualche tempo fa, adesso ha compiuto grandi passi avanti offensivamente. Io usavo piccoli trucchi all'inizio per trovare fiducia in attacco: se recuperavo palla era il momento giusto di provare a fare qualcosa di là, mal che andasse l'avevo
pareggiata. Una piccola fissazione che mi aiutava tantissimo. Pajo sta dando delle dimostrazioni incredibili, oltre a quel talento difensivo che è qualcosa di innato. E ancora grandi margini. Mannion invece ha questo dono di natura, quella straordinaria scioltezza in attacco. Mi immagino che sia cresciuto guardando Curry, come io guardavo e volevo somigliare a Doctor J. Ha tiro rapidissimo, un arresto che mi ricorda la star di Golden State. E poi anche lui ha fatto vedere in difesa di essere una mosca, cioè uno che non sai mai quando e da dove viene, ma ti ruba la palla da dietro o improvvisamente ti costringe ad andare in una direzione che non vuoi.
La Virtus ha appeal per la storia ma adesso soprattutto per quello che è, la disponibilità di budget e l'organizzazione. Per mille motivi.
Credo che uno che arriva qui poi faccia fatica ad andarsene, ovviamente NBA permettendo.

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