Nino Pellacani è stato intervistato da Damiano Montanari su Stadio, parlando soprattutto dei lunghi della Fortitudo.
Un estratto delle sue parole.

Premesso che oggi i ruoli nella pallacanestro non sono più definiti come una volta, il basket italiano è stato "spaccato" da giocatori come Gek Galanda, che pur avendo stazza e fisico tirava da tre. Il pivot come veniva inteso ai miei tempi non c'è più. Uno dei pochi che ci si avvicina, come movimenti, è Pini. E giovane, ha pochi grilli per la testa e molta voglia di imparare. Ogni anno aggiunge qualcosa al suo bagaglio tecnico. Mi piace molto.

Mancinelli? Tecnicamente è il giocatore migliore della Fortitudo assieme a Rosselli. Io lo prenderei sempre, perché conosce il basket, ha vissuto vent\'anni di spogliatoio e ha capacità tecniche che pochi altri giocatori, sia italiani, sia stranieri, hanno. Viene da un'epoca in cui la tecnica aveva ancora un grande valore. Oggi fisicamente è forse un po\' avanti con gli anni, ma ha una serie di caratteristiche e di capacità che lo rendono ancora capace di ribaltare una partita. Anche in Serie A.
E Leunen? Maarty non sembra un giocatore americano: ha la capacità di fare tante cose, per cui lo vedo più simile a un europeo. E indubbiamente un ottimo elemento. Tuttavia, a mio giudizio, il vero valore aggiunto della Fortitudo in questa stagione è stato coach Martino. Vediamo anche quello che sta facendo il Poz a Sassari: oltre a capire la pallacanestro, un allenatore deve saper trasmettere qualcosa ai suoi giocatori. E il messaggio non è sempre uguale: oltre alla grinta o ad uno schema, a volte è fondamentale portare calma ed equilibrio.

Torna il derby in Serie A. Non ho la "fotta" che aveva Andrea Albertini, uno dei più grandi editori di fotografia del mondo di cui domani (oggi, ndr) si celebreranno i funerali. Negli ultimi anni, nonostante la malattia lo costringesse a letto, ha sempre rinnovato i suoi due abbonamenti. A modo mio, continuo a "odiare il brodo". E sarà sempre così».

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