BIGNAMI, GARA 3 CONTRO MESSINA.
Mentre tante altre squadre si grattano la testa e fanno già i bilanci della stagione, il Bignami gioca ancora. Lo aveva detto coach Ticchi – per cui ci vorrebbe una raccolta di firme che perori la sua candidatura a “miglior coach dell’anno”, se lo merita -, in tempi non sospetti. “Una volta salvi, una volta nei playoff, ci divertiremo. E non vorrei essere in chi dovrà incontrarci”. Parole sante, che forse a Scafati non hanno ascoltato con troppa serietà. E, malgrado le dichiarazioni spavalde di qualcuno, e il tentativo di metterla sul piano della polemica di altri, ora in Campania si battono il petto mentre Castelmaggiore è in semifinale. Semifinale, chi lo avrebbe detto? Non sembra poi tanto lontano il tempo in cui la squadra si dibatteva nelle posizioni di bassa classifica, e sembrava che il promettente precampionato fosse già stato archiviato come illusione. Tre sconfitte consecutive in casa, tutte rocambolesche e brucianti. Poi, la storia la conosciamo tutti. E chi non l’ha vissuta ci si è lentamente avvicinato, attratto dai risultati e dai commenti lusinghieri che arrivavano dal “PalaTrombetta”. Centro classifica presto raggiunto, e salvezza tranquilla con molte più puntate verso il quarto posto che non rischi di ricaduta. E, quando si perdeva qualche partita giocando male, la risposta arrivava subito dopo. Il Bignami è squadra tosta, ecco. Che ha fatto quadrato e ha imparato presto a giocare insieme, divertendosi. Non sono stati fatti stravolgimenti, chi ha cominciato è ancora qui, e alla fine la coerenza delle scelte ha pagato. E se Ticchi e Teglia meriterebbero l’Oscar della Panca, un plauso va anche a chi ha portato a Castelmaggiore giocatori sconosciuti ma dal rendimento eccellente. Come era successo con Hermann Smith lo scorso anno, anche in questa stagione uno degli americani più efficaci è proprio in maglia rossoblu. Damon Williams, pescato dalla Finlandia con nasi che si storcevano davanti ad una presunta ala forte dalla statura di guardia. E, accanto a lui, il Levin “chi-era-costui” e il Masieri arrivato qui solo come “fratello di quell’altro”. Poi, gli italiani. Eccellente mix di esperienza, gioventù rampante e voglia di ritornare nel giro. Pilutti, Barlera e Ghiacci, Faggiano. Tutti felici e contenti sotto l’albero protettore di capitan Rush, che al terzo anno alle nostre latitudini ha dimostrato che la tanta fiducia accordatagli è stata ben spesa.
Salutando Gerrod Abram, che tanto ha provato ma che non è riuscito a recuperare dall’infortunio, guardiamo un po’ gli avversari di questa serie. Messina è squadra forse meno talentuosa di una Scafati dalla panchina profondissima, ma che ha maggiore compattezza, e amalgama poco intaccata da manovre di mercato. Uniche mosse sono state il ritorno di Li Vecchi e l’arrivo del rincalzo Bernard, gli altri sono gli stessi di settembre. La grande ambizione è quella di riportare la Sicilia in serie A dopo la esaltante quanto effimera esperienza di Trapani nei primi anni ’90. Stelle del team sono l’ala Brian Oliver e il centro Marques Bragg, giocatori che potrebbero ben figurare anche nella massima serie. Attorno a loro, anche qui un decente numero di italiani: Busca, Burini, Grasso, Li Vecchi.
E’ stata una stagione esaltante, che con la vittoria di Scafati ha avuto questa ulteriore appendice di semifinale. Di più, veramente, non si poteva chiedere, ad un gruppo nato per salvarsi. Sognare ulteriori traguardi sarebbe azzardato, ma non poniamo limiti alla provvidenza. Ben consci che, comunque andrà, è stato un successo.