Bolognabasket ha sentito Luca Dalmonte, ex allenatore della Fortitudo.

“Vorrei iniziare questa piacevole chiacchierata puntualizzando che non desidero essere né populista né giudicante, né voglio replicare al niente letto nel virgolettato del recente passato, avendo appena finito di leggere un libro che citava ‘la verità è in mano ai bugiardi’. Della scorsa stagione ammetto colpevolmente di aver perso la partita la più importante, ovvero cercare di cambiare le abitudini che la Fortitudo ha avuto negli ultimi anni, ovvero quella di non aver portato la giusta discontinuità e perso l'occasione di fare comprendere quanto certe dinamiche societarie siano perdenti. Ma ho la certezza di aver condiviso questo concetto con chi adesso ha ruoli interni importanti, e penso che sarà un punto fermo del prossimo futuro. Io invece non sono riuscito a far capire che in una realtà ognuno deve avere il proprio ruolo: la proprietà deve fare la proprietà, il manager deve fare il manager, il medico deve fare il medico, l'allenatore deve fare l'allenatore e i giocatori devono fare i giocatori. Nelle ultime stagioni in Fortitudo non c’è stata questa chiarezza. Io, ahimè, non sono entrato al cuore di questo punto, e nella distribuzione di questi ruoli ci sono stati elementi esterni che hanno influenzato la stagione”

Ora sei libero dal contratto? “Sì, era stato firmato un 1+1, ma ora si è sciolto. Quando si accettano gli incarichi sull’onda dell’emotività a volte non si fanno calcoli”

L’anno scorso ti era stato chiesto di raggiungere i playoff e li hai raggiunti. Come giudichi la stagione? “Mi era stato chiesto un obiettivo raggiungibile, ed è stato centrato, dato oggettivo. Sono state le modalità di conseguimento di questo obiettivo ad essere discutibili, sono io il primo a dirlo, ma la cosa pesante non è stata qualche sconfitta sul campo, quanto non essere riuscito, come detto, a cambiare un trend che è presente e condizionante da anni, quello iniziato con 1-9 e chiuso con la salvezza compreso. Ovvero, la discontinuità”

C’era un modo diverso, magari, per far capire all’esterno la situazione? “Forse qualche atto di forza più clamoroso, essere più aggressivo nel trasmettere le idee. Pensavo che portare esempi e spiegare bene l’atmosfera sarebbe bastato, ma servivano scelte più visibili. Non rinnego il fatto di aver sempre difeso i giocatori, assumendomi le responsabilità e mettendoci la faccia. Nel bene e nel male, è quanto deve fare un allenatore”

Ti è sorto il dubbio di essere stato chiamato, nel luglio scorso, solo per dare una figurina in mano ai tifosi? “Sarebbe da chiedere agli osservatori, non so se sia stato davvero così. Ma proprio per questo, per parlare di discontinuità, penso che la scelta di Caja sia perfetta. E sono fiducioso del fatto che avendo io condiviso con qualche socio – anche di maggioranza – questa criticità, la scelta sarà importante per il proseguio della nuova stagione, con Caja come figura centrale”

Sei stato accusato di aver sbagliato la scelta degli stranieri. “E’ stata una mia scelta, ribadisco, sapendo che in ogni cosa ci può essere un margine di errore evitando vigliaccamente di nascondere le proprie responsabilità. Ciò che uccide è la caccia spietata e costante al colpevole che disperde le energie verso il punto fondamentale, ovvero fare squadra, buttando forze per risolvere le criticità... uccidendo alibi e scusanti. Ammetto che da Davis mi aspettavo qualcosa di meglio, ho capito che avere 18 possessi a Biella sia diverso rispetto ad averne 7 in Fortitudo. E’ stato un mio errore di valutazione punto. Su Thornton si potrebbero dire tante cose, è stato un caso particolare, con tante problematiche fisiche, poi ad un certo punto alcune sue scelte di comportamento hanno fatto crollare la situazione. Ma posso dire che Caja sia stato intelligente nello scegliere – cosa che io non ho fatto - due stranieri che giochino lontani dal perimetro”

Lo spogliatoio era davvero così diviso come si raccontava? “Io dico solo che la Fortitudo negli ultimi tre anni ha cambiato sei allenatori. Quando una società è propensa ad ascoltare e a cambiare tante guide tecniche, è facile trovare colpevoli e capri espiatori. Non voglio dire che io non avessi responsabilità ma ragionare in questo modo è troppo semplice, ammesso che dare la colpa a qualcuno porti a risolvere il problema. Discontinuità significa non tanto puntare il dito su qualcuno, ma impegnarsi per trovare una soluzione. Ripeto: le aziende dove ognuno si intromette nel lavoro degli altri finiscono male, e questo vale anche per le squadre di basket. La vera discontinuità, oggi, sarebbe quella di far restare Caja, con merito, sulla panchina Fortitudo per molto tempo”

La squadra ha risentito delle tante liti e polemiche della scorsa stagione tra le varie parti della dirigenza? “Il deragliare è proprio questo: è mancata una direzione comune, c’erano persone che dovevano dare una linea guida comune, e invece ne ho sentite di ogni tipo, qualsiasi longitudine o latitudine che sia. Queste divergenze portano caos ,dentro al caos chiunque ne può approfittare, e sul campo si pagano”

L’esonero è arrivato dopo una fase ad orologio affrontata con tanti infortuni e utilizzata anche per valorizzare alcuni giovani, come Niang. A quel punto, te lo aspettavi? “Ho imparato sulla mia pelle che non ci si deve sorprendere più di niente. Io ero sereno, in accordo con lo staff medico avevamo deciso di esentare alcuni giocatori dalle partite per non rischiarli e per permettere loro il pieno recupero fisico, eravamo in completa e assoluta condivisione delle decisioni per arrivare nel modo più sano possibile ai playoff. Dovevamo essere pronti a ‘sopportare’ certe partite ad onde, magari accettando qualche sconfitta, ma non sono riuscito a farlo capire alla dirigenza. E la comunicazione dell’esonero è stata surreale, parola di Gianluca”

Il pubblico ti ha sempre difeso, anche contro i dirigenti che sbagliavano il tuo nome. “ Cerco rapporti veri onesti e con rispetto non sono mai stato populista. Azzardo un pensiero, che forse questo sostegno da parte di un settore del pubblico possa aver infastidito non poco qualcuno

Alla luce di quanto successo, rifaresti la scelta di tornare in Fortitudo? “Non rinnego niente delle mie scelte di vita e professionali, anche quelle non condotte a buon fine. Lo rifarei pur sapendo il risultato finale. Cambierei la conduzione, ma sarebbe troppo vigliacco dire che non lo rifarei”

foto Schicchi - Fortitudo 103

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