Luca Banchi è stato sentito da Paolo Bartezzaghi per la Gazzetta dello Sport. Un estratto dell’intervista.

La disponibilità nei miei confronti da parte di tutti, club, giocatori, staff, tifosi è stata fin qui la cosa più bella. La meno bella? Il mio vissuto mi dice che non sarà sempre settembre od ottobre, le stagioni sono lunghe e stressanti. Ci saranno altre sconfitte, quindi rimetto il giudizio perché è quando si minano gli equilibri che si testa la consistenza. Accadrà, come ho detto dopo la sconfitta a Cremona.

Shengelia? Ha passato un'estate tormentata con i club che lo hanno cercato. La carica con cui è arrivato dopo l'eccellente Mondiale non è stata scalfita. La Virtus ha fatto un grande investimento su di lui e lui su Bologna scegliendo di restare. La sensazione che è ami giocare qui.

La squadra è cambiata poco con l'idea di redistribuire le responsabilità. Belinelli, Hackett, Dunston e Toko sono leader per definizione, esperienza, talento. Il disegno, pianificato da Scariolo e club, prevede una pallacanestro diversa, magari meno spettacolare, ma più affidabile in difesa.

Pajola? Mi sembra tutto tranne che timido. Come Beli, rappresenta l'essenza del club. È bello pensare che il suo gioco sia in evoluzione. È encomiabile il suo sforzo difensivo. Ne ho visti pochi con quello spirito competitivo anche in allenamento. Ha disciplina, educazione. Tutti valori che fanno onore a un brand come Virtus. Sarei orgoglioso di contribuire al suo miglioramento e a diventare uomo simbolo.

Il dualismo con Milano? Grazie a due imprenditori come i signori Armani e Zanetti, il basket è tornato ad avere grandi squadre e grandi giocatori. Ho avuto il privilegio di lavorare due anni a Milano e ora a Bologna dove ti misuri con l'eccellenza. Ogni giorno, quando vado in ufficio, vedo chi è passato di qui: Porelli, Peterson, Messina, Bucci, Brunamonti, Sugar Richardson e altri. E mi chiedo cosa devo fare per esserne all'altezza"

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