Il coach della Virtus Alessandro Ramagli è stato intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna.
Ecco un estratto delle sue parole:

Sulla stagione, partita il 17 agosto. E' stata una stagione speciale, perché abbiamo ogni volta raggiunto i traguardi prefissati. Cammin facendo sono diventati obiettivi intermedi, finché non abbiamo iniziato a pensare di poter puntare al bersaglio grosso che adesso è davanti a noi. Non ci raccontiamo barzellette, le aspettative erano diverse e la costruzione della squadra ad agosto ne è stata la diretta conseguenza. Nessuno di noi pensava di essere in finale il 3 giugno.
Quando sono cambiati gli obiettivi? Il momento cronologico è stato il cambio di proprietà. Stavamo facendo un campionato di eccellenza, la squadra era competitiva e allora ci hanno fatto capire che potevamo giocarci tutte le carte anche facendo ricorso al mercato.
C'è stato bisogno di un periodo di assestamento? Devi avere il fucile giusto, la mira attenta e la mano ferma. Non eravamo più la squadra sorpresa con i giovani da lanciare, le responsabilità salivano in maniera esponenziale. Servivano aggiustamenti, la struttura della squadra non la puoi rivoluzionare con un solo movimento di mercato disponibile. Se avessimo pensato di vincere dal primo giorno probabilmente le scelte sarebbero state diverse.


Su ciò che lo rende orgoglioso. Lo spirito della squadra e il modo in cui sta in campo, caratteristiche che hanno attirato l'affetto della gente. Non mi interessa l'organizzazione difensiva o l'extra-pass, quelli ce li hanno tutti, ma le emozioni trasmesse per attaccare a sé un pubblico all'inizio giustamente deluso e affranto. La gente si è innamorata di una squadra che si tuffa in campo dalla prima amichevole. Chiunque ci sarà in futuro e qualunque sarà la categoria è un DNA che non va disperso.

Sul rapporto coi tifosi e lo striscione prima di gara1 con Ravenna. Mi hanno emozionato. Quando arrivi alla Virtus hai la sensazione che il suo popolo sia elitario, dalla bocca buona, difficile da conquistare sul piano emozionale. Invece non è stato così, mi hanno fatto sentire uno di loro e loro un pezzo di me. Sono persone disposte a perdonarti una cazzata perché la fai con passione.

Sul momento critico dopo gara 2 con Casale. Ho un difetto, dico sempre la verità. Ho preso delle decisioni che si sono rivelate perdenti e quando succede è normale che la critica si scateni, anche se non c'è la controprova che facendo diversamente avremmo vinto. Non sono stari giorni facili, ma tutto per me è terminato dopo l'incontro con Bucci. Chiaramente quando leggi che viene messa in discussione la guida di una squadra che aveva fatto così bene rimani un po' sconcertato. Lascia scorie come è normale nella vita di uno sportivo ma le risposte della squadra in campo e fuori sono state molto chiare.

Sulla finale. Un evento ancora più eccitante rispetto a tutti gli altri turni di playoff. L'obiettivo è lì, le finali si giocano per vincerle non per dire che siamo contenti di esserci arrivati. L'abbiamo detto anche prima della Coppa Italia. Con Trieste sarebbe una finale più ordinaria, con la Fortitudo ci sarebbe il carico da 11 del derby, si farebbe fatica anche ad andare a fare la spesa.

(foto Pierfrancesco Accardo)

NDOJA: HO PENSATO DI NON TORNARE PIU' A GIOCARE, ORA HO L'OCCASIONE PIU' GRANDE DELLA MIA CARRIERA
BIGNAMI CASTELMAGGIORE - UPEA CAPO D'ORLANDO 93-91