A 41 anni, Michele Maggioli ha deciso di dire addio al basket giocato, e l'ha fatto attraverso un messaggio affidato ai social.
Eccolo.

Ciao!
Mi affido ai social, che ormai arrivano ovunque, per comunicare che anche per me è giunto il momento di dire addio a questo sogno che dura ormai da più di venti anni che è il basket giocato.
Si un sogno! Perché cosi l’ho vissuto e ne sono sempre stato consapevole, fin dall’inizio.
Smetto felice, pieno e sereno nell’aver dato tutto ciò che avevo fisicamente, mentalmente ed emotivamente e con la consapevolezza di avere anche ricevuto indietro tantissimo.

Se ripenso da dove sono partito mi commuovo.
Vedo quel bambino che in prima elementare era alto come quelli di quinta e che in terza aveva già superato le maestre.
Mi ricordo quando in quarta elementare mi hanno detto che la Scavolini aveva vinto lo scudetto e non riuscivo a capire, perché per me bambino cresciuto in periferia , la Scavolini era semplicemente la fabbrica dove lavoravano alcuni miei vicini di casa o amici di famiglia.
Ricordo quando a 11 anni giocavo ancora con he-man o a nascondino con i miei coetanei e gli adulti mi guardavano perplessi perché sfioravo il metro e ottanta!
Non era facile trovare una collocazione, madre natura mi aveva dato tanto e a volte sembrava quasi troppo.

Poi una persona, che non smetterò mai di ringraziare, mi disse che i ragazzi con le mie qualità non nascono tutti i giorni, mi fece sentire speciale e mi diede una visione, la possibilità di vivere un sogno e sopratutto di trovare la mia dimensione. Un mondo in cui i ragazzi avevano i miei stessi problemi nel trovare i vestiti o le scarpe, la stessa impopolarità ed impaccio con le ragazze, ma sopratutto lo stesso sublime sogno.

Ne è passato di tempo da allora e adesso con tenerezza rivedo gli stessi occhi sognanti in mio figlio che gioca a calcio. Gli auguro di cuore di fare il mio stesso percorso o anche meglio perché le esperienze che ho avuto l’opportunità di vivere, le persone che ho conosciuto, i luoghi che ho visitato sono stati il vero valore aggiunto di questo viaggio.
A volte mi chiedono dei sacrifici che ho fatto ma in cuor mio so che il sacrificio grande sarebbe stato costringere me stesso ad andare a ballare la domenica pomeriggio al Colosseo (mitica discoteca di Montecchio) come facevano tutti i miei coetanei invece di andare al campetto a fare un 21 o un giro d’Italia.

In una carriera lunga 22 anni sono state tante le persone che hanno incrociato la mia vita e lasciato un segno tangibile. Ringraziarvi tutti è difficile ma ci provo.

Inizio dai miei genitori e dalla mia famiglia. Grazie per avermi sempre lasciato libero di decidere, per non aver mai interferito e avermi dato fiducia. La vostra umiltà è stata esemplare. A mio fratello e mia sorella che sono sempre stati i miei primi tifosi senza darlo a vedere. Vi voglio bene.

Grazie al mio prof di educazione fisica delle medie, Renzo Amadori. La scintilla l’hai accesa tu, chi mi ha apprezzato sul campo lo deve a te.

Ai miei allenatori del settore giovanile, siete stati super nell’insegnarmi i fondamentali del basket ma sopratutto i valori che regolano questo sport e la vita in generale.

Ai preparatori atletici che con competenza hanno lavorato sul mio fisico un po’ particolare, dedicandomi attenzione e scrupolosità anche in momenti e orari straordinari.

Alle quattro società a cui devo di più e a cui mi sono legato maggiormente.
La V.L Pesaro per avermi cresciuto e formato. Ricordo ancora quando ritornai a casa con la borsa e il materiale dopo il primo allenamento. Mi svegliai 2/3 volte nella notte per controllare se la borsa era ancora lì, appoggiata sul comò e che fosse tutto vero.
La Scandone Avellino che mi diede la possibilità di giocare la mia prima vera stagione importante. Mi accolse con tanto affetto e mille attenzioni, ma sopratutto mi diede l’opportunità di conoscere una terra stupenda e persone che ancora oggi sono nella mia vita.
Un immenso grazie all’Aurora basket Jesi dove ho vissuto in assoluto i miei anni migliori, dove è nato mio figlio e luogo che sento ancora intimamente casa.
In fine grazie all’Andrea Costa Imola che ha avuto il coraggio di puntare su di me a 38 anni suonati e mi ha dato la chance di un colpo di coda di fine carriera in grande stile.

Grazie al mio primo e unico agente in 22 anni da pro, Stefano Meller. Ho sempre faticato a vederti come un agente, per me sei sempre stato un amico, un fratello maggiore. Grazie per avermi accompagnato, tutelato, rispettato anche quando abbiamo avuto visioni differenti e grazie sopratutto per esserci sempre stato anche per problemi che con il basket avevano poco a che fare.

Grazie a tutti i miei coach da senior.
Qualcuno di voi sarà sempre un riferimento importante un mentore. Grazie anche ai coach con cui il rapporto non è mai sbocciato, perché per fare funzionare le cose bisogna sempre essere in due, mi avete dato lo spunto per guardarmi dentro e capire qual era il mio di pezzo da sistemare.

Grazie a tutti i miei compagni di squadra. Qualcuno di voi è diventato un fratello acquisito e con tantissimi altri è nato un rapporto di stima e affetto sincero. I vostri valori, il vostro spirito di sacrificio e la vostra onestà è da campioni veri. Fiero di aver lottato con voi.

Grazie a tutte le persone che hanno fatto parte dello staff dirigenziale, tecnico e sanitario delle squadre in cui ho giocato, perché so bene quanto posso essere rompicoglioni quando voglio, ma voi avete sempre avuto tanta pazienza e disponibilità.

Grazie ai tifosi. A quelli che mi hanno sempre sostenuto, che sono la maggior parte, e anche a quelli che mi hanno un po’ massacrato perché cercare di chiudervi la bocca è stato uno stimolo.

Grazie ai giornalisti, siete una parte importante del movimento, anche se a volte non vi viene riconosciuto, continuate con il vostro contributo con passione e pazienza.

Grazie ai tanti arbitri che mi hanno arbitrato, so che il vostro non è un lavoro facile e, anche se non sempre vi ho aiutato, avete tutto il mio rispetto.

Un grazie anche a tutti gli imprenditori che continuano ad investire nello sport più bello del mondo. Il pensiero va inevitabilmente a Scavolini e a Fileni e al contributo che hanno dato. Sono convinto che ritroveremo presto la strada per far tornare il nostro amato basket italiano al livello che merita.

Grazie agli amici veri, quelli che si contano sulle dita di una mano. Voi che avevate il coraggio di chiamarmi anche il lunedì dopo una sconfitta. Il vostro conforto, la vostra presenza, il vostro affetto e la vostra onestà mi hanno accompagnato tutto il tempo e sempre mi accompagneranno.

Un grazie gigante a mio figlio Matteo che in questi anni ha dovuto sopportare i miei orari, le mie partite, le mie corse in macchina, le mie trasferte, le feste e le ricorrenze sui campi. Sei stato una spinta incredibile in questi 9 anni, una motivazione in più e il protagonista dei miei momenti più felici anche dopo le sconfitte più cocenti.

Un grazie particolare ad una persona che sarà sempre speciale per me, che è la mamma di mio figlio, e non c’è niente altro da aggiungere.

Grazie a te che adesso mi dovrai sopportare in casa, guarda che sono ingombrante! Due capitani sotto lo stesso tetto, un solo palcoscenico da dividere per due personalità importanti. Sarà come è sempre stato, con tenacia, passione, riconoscenza, sensibilità, amore e a volte un po’ di sacrificio. Anche questa squadra farà il suo percorso nella vita del futuro che verrà.

E per chiudere grazie a me e a quel ragazzino impacciato in quel corpo da gigante che faticava a trovare il suo posto nel mondo e che ha afferrato un sogno, visualizzandolo così tante volte che lo ha fatto diventare realtà.

Il vostro Michele#5

2 APRILE, IL GIORNO DELLA FORTITUDO VITTORIOSA A REGGIO EMILIA E DI TEO ALIBEGOVIC
LO SFOGO DI MATTEO BONICIOLLI