IL DOPOPARTITA DI MILANO-VIRTUS
Tre vittorie e tre sconfitte al termine del “ciclo terribile” che si era pronosticato all’uscita dei calendari, senza considerare la variabile Brescia. La Virtus al momento è nel gruppone di squadre che va dal sesto al decimo posto, assieme a Varese, Cremona, Sassari e Cantù.
La partita di ieri ha ancora una volta fatto emergere pregi e difetti di questa squadra, che sono sempre più evidenti. Il talento (del quintetto base, soprattutto) non è in discussione, e finora i bianconeri se la sono sempre giocata con tutti, conducendo a lungo anche a casa dei favoriti numero uno per lo scudetto. Se le partite finissero dopo 30 minuti, la Virtus sarebbe imbattuta. E invece nell’ultimo quarto è arrivato - ancora una volta - il calo. Stanchezza e scarsa lucidità, scelte rivedibili e anche un po’ di sfortuna: fatto sta che negli ultimi cinque minuti la Virtus ha segnato zero punti, e ha perso ancora una volta.
Di sicuro una delle possibili cause è la scarsa profondità del roster: la Segafredo è una squadra corta, sia perché manca l’ormai famoso numero quattro sia perché a questo livello (Venezia e Milano, quindi l’eccellenza del campionato) il secondo quintetto fa fatica, ieri 7 punti e -5 di valutazione totale.
I titolari quindi giocano tanto (ieri 36 minuti per Slaughter - recuperato a tempo di record - e Aradori, 29' per Alessandro Gentile e Lafayette) e arrivano alla fine molto stanchi e poco lucidi. L’altro problema sembra esserci in regia. Lafayette è prima di tutto un realizzatore (anche se sta tirando male, ieri malissimo) e non proprio un playmaker d’altri tempi, e anche per Stefano Gentile rallentare i ritmi e ragionare non sembrano esattamente la specialità della casa. E così capita che negli ultimi quarti si vada avanti con le iniziative individuali, che dopo un po’ possono diventare prevedibili: 12 punti segnati nell’ultimo periodo con Venezia, 9 ieri sera.
Ne esce il ritratto di una squadra che ha un grande potenziale, ma a cui per l’altissimo livello sembra mancare qualcosa, di sicuro un giocatore ma non solo. Il centesimo per fare l’euro, come ha detto Klaudio Ndoja.
Ora, cosa si vuole fare? Sarà la proprietà a deciderlo. Se l’obiettivo confermato restano i playoff, allora potrebbe bastare un innesto “normale”, sapendo che comunque la concorrenza è folta. Se invece si deciderà di puntare più in alto, a quei primi quattro posti che sembrano così vicini e così lontani, allora l’innesto dovrà essere un top player, come auspicato da patron Zanetti, se si riuscirà a trovarlo. E magari, chissà, non solo uno.