Augusto Binelli è stato ospite di Alessandro Iannacci a Radio Nettuno Bologna Uno.

Sono giorni in cui si ricorda Lucio Dalla. "Persona squisita, ricordo che facemmo un servizio fotografico in cui mi trattò come se ci conoscessimo da anni. Ricordo che Porelli mi disse di presentarmi al Paladozza per fare delle foto, ma non mi disse che erano con lui. Alla fine giocammo anche un po' insieme"

Da giovane sei stato anche negli USA. "Sono stati anni in cui ero da solo e questo mi permise di combattere la mia timidezza. Poi tecnicamente sono molto cresciuto, perchè mi facevano giocare sia spalle che fronte e canestro: esperienza importante"

Di te hanno sempre detto che eri un grandissimo lavoratore. "Il lavoro in palestra era importantissimo, ancora negli ultimi anni di serie B a 40 anni mi allenavo due volte al giorno, ed era l'unico modo per stare dietro ai ventenni. Ero uno stakanovista, il classico giocatore che andava in palestra anche prima di quanto non fosse programmato"

Cosa hai trovato a Bologna? "Intanto moglie e figli, poi tanti amici per cui sarebbe stato difficile pensare di andare via, e pur tornando dai genitori a Carrara non mi sentivo a casa come qua"

E' una città che vive per il basket. "E' qualcosa di stupendo, specie nei giorni attorno al derby"

Potevi andare in NBA, ad Atlanta. "Quando me lo hanno detto stavamo facendo i mondiali in Spagna e non ci credevo. Poi sono andato a provare, sia nel 1986 che nel 1988, ma ho dovuto rifiutare perchè i regolamenti di allora mi avrebbero reso, in Europa, un giocatore straniero. E non me la sono sentita di rischiare: nessun rammarico, ma la voglia c'era"

Quando hai capito che potevi diventare un uomo chiave della Virtus? "Non ci ho mai pensato, non sono venuto pensando di poter diventare un leader. Poi anno dopo anno, specie dal 1991 in poi, ho capito che facevo parte del gruppo storico"

Come ti sei approcciato a grandi personalità con cui hai giocato? "E' stato forse più facile per loro approcciarsi a me, dato che parlavo inglese: dico Van Breda, Rolle, Richardson, Johnson. Ma anche gli europei come Sasha con me stavano bene, perchè sono uno che non litiga con nessuno"

I momenti più emozionanti? "Sicuramente l'Eurolega, perchè dal 1984 ambivamo a quella coppa che finalmente arrivò. Ma anche tutti gli scudetti, benchè il 1998 sia stato un anno straordinario"

Un ricordo di Alberto Bucci? "Grandissima persona, squisita, anche quando ero un esordiente sapeva come stuzzicarmi, farmi crescere, mi trattava benissimo. E anche quando ho smesso di giocare mi ha preso per i mondiali Over 45"

Uno di Porelli? "Era rigido e severo, ma si è visto cosa ha fatto con la Virtus. Senza di lui non ci sarebbe la Virtus attuale, e quando parlava si doveva solo stare in silenzio"

Cosa significava vestire la maglia della Nazionale? "Un orgoglio, e non capisco chi non la voglia indossare. Ho sempre dato il massimo, e ancora adesso è un orgoglio vestire le maglie delle squadre Over"

Non esistono più le bandiere. "Prima il tuo cartellino apparteneva alla società, ora con il mercato libero dopo pochi mesi puoi andare via da qualsiasi squadra. Ci sono ancora giocatori che restano a lungo in una stessa realtà, ma non penso che arriveranno a 17 anni come me"

Dopo la Virtus hai giocato in tante altre squadre. "Sono stato molto bene con Castel Maggiore, meno invece a Montegranaro dove stavo quasi per smettere. Poi mi convinsero ad andare a Trapani, dove andai a provare e mi convinsero dopo pochi allenamenti: bellissima esperienza, fu come tornare giovane"

Tanti dicono che vestire la maglia della Virtus sia diverso da vestirne altre. "Si è creata negli anni l'immagine di una società solida e vincente, ed è bello poterla indossare in giro per l'Europa"


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