MATTEO MONTANO, LA FORTITUDO HA IL SUO DOTTORE
Conseguire una laurea è l’obiettivo di qualunque studente universitario. Inseguirla mentre si svolge un’altra attività impegnativa, come l’essere giocatore di pallacanestro in una delle prime categorie nazionali, lo rende più complesso. In più sei Matteo Montano, giochi in A2 nella Fortitudo e magari culli, come legittimo, il desiderio di salire ancora. Come giocatore, e come categoria, a 23 anni quando ai sogni, ed al talento, va abbinato un impegno serio. Come quello che ha reso lo scorso 28 ottobre una giornata molto speciale, per lui e per la sua famiglia.
- Dottore in Economia, Management e Marketing, corso di laurea triennale all’Università di Bologna. Complimenti.
“Grazie”.
- Al termine di un percorso da studente che è stato come, Matteo Montano?
“Liceo Scientifico al Righi, sempre buoni voti. Diplomato con 80”.
- L’Università come sbocco obbligato. Pure col basket che premeva.
“Non per imposizione di famiglia. Ho una sorella di due anni più grande, stesso corso di Laurea, oggi fa la specialistica in Marketing. Ne ho seguito le orme, mi ha saputo consigliare, le mie aree di interesse potevano essere la finanza o l’economia”.
- Un sacrificio?
“Ho sempre ritenuto importante costruirmi un dopo-basket, pur senza sapere se il basket mi darà da vivere o no. E comunque non durerà per sempre. Oggi gioco in A2, il livello dell’impegno si è alzato, l’Università è stato un percorso che mi ha aiutato a crescere come persona, parallelamente al giocatore”.
- Un momento in cui ha detto “non ce la faccio, lascio lo studio”.
“Momenti difficili sì, ma smettere non l’ho mai pensato. L’anno a Napoli, il primo lontano da casa (in A2, nel 2013/2014) ha reso lo studio più complesso. Ho provato, dando gli esami in estate, ma sono andati male”.
- Come ne è uscito?
“Intanto con l’obbligo morale di recuperare subito. L’accordo con i miei era che mi avrebbero pagato la retta finché sarei rimasto in corso. Ne sono andato fuori e me la sono pagata io, quindi era il caso che non si ripetesse… Tornare a Bologna poi è stato decisivo, di nuovo a contatto con l’Università ed i compagni di corso. Ed anche se ti alleni di più, quelle ora necessarie allo studio o per seguire una lezione le ho trovate”.
- Proseguirà?
“Il piano era laurearmi, per potermi ora concentrare sulla stagione con la Fortitudo, che sarà impegnativa. Poi valuterò l’ipotesi di un master o una specialistica in marketing. Sportivo? Non necessariamente”.
- La Fortitudo in realtà potrebbe essere un bel progetto di marketing.
“Senza dubbio. La storia, i tifosi, un grande bacino d’utenza, la visibilità. La Serie A aiuterebbe… Ci sarebbe molto da fare, certamente stimolante”.
- Bologna, il basket, la Fortitudo. Da sempre.
“E’ la mia città, da 23 anni. Mio padre mi ha messo il pallone in mano e portato a vedere le partite. Io ho proseguito, giocando in palestra, nei campetti, e col canestrino a casa”.
- Il poster in camera?
“Gianluca Basile”.
- L’emozione di incontrarlo?
“Sul campo con Napoli, lui a Capo d’Orlando. Gli ho ricordato di avergli chiesto autografo dopo il primo scudetto. Avevo 12 anni”.
- Ma lei gioca con il 14.
“Quando ho potuto ho sempre indossato il suo 5. Poi, per una serie di motivi, un anno mi sono trovato con il 14. Ed è diventato il mio. Tra l’altro, 1+4 fa 5”.
- Montano playmaker. Ma non solo, ora sul passaporto s’è aggiunta la licenza di uccidere qualche partita. Come lo spareggio per la promozione in A2, a quota 16 (con Samoggia).
“In campo sono quello che mi chiede il mio allenatore. Con Boniciolli anche da guardia, con qualche tiro in più da prendere”.
- Un modo per comporre gli Splash Brothers alla bolognese, con Leonardo Candi.
“Beh, non sarebbe male. Leo è davvero un bravo ragazzo, sia dentro che fuori dal campo. Dove può arrivare? Dipende da lui. Boniciolli lo ha lanciato in quintetto a 19 anni, di più non si può chiedere”.
- E lei, a 23, è ancora un giovane giocatore?
“Mi sento giovane, ma so che per il basket inizio a non esserlo più. Prendo ciò che viene, dò sempre il massimo per arricchirlo. Non ho recriminazioni sul mio passato, pur tra qualche infortunio o stagioni vedendo poco il campo, come con la Biancoblu. Mi chiudevo in Furla a lavorare con Adam Filippi, poi mi allenavo con la squadra. Sapevo che poi la domenica non avrei faticato”.
- Detto di Basile, con chi è cresciuto nell’immaginario?
“Sempre guardando i playmaker. Allen Iverson, Jason Williams. Oggi Steph Curry. Ma quello attuale è irreale, sto esagerando…”.
- C’è anche un bolognese di successo da quelle parti, Belinelli.
“Un esempio da seguire per la durezza mentale che ha avuto per superare i tanti cambiamenti di squadra, di città, di compagni. Non si è mai dato per vinto, lavorando, raccogliendo soddisfazioni incredibili”.
- Al di là di quello che viene detto e scritto, la Fortitudo dove può arrivare?
“Lo sapremo meglio dopo il tour de force che ci attende (4 partite in due settimane, trovandoci dentro Treviso e Brescia). Io dico che ce la possiamo giocare con tutti, siamo quelli che non possono mollare un centimetro. Per arrivare a giocare i playoff”.
- Ci dica, da playmaker, cosa cambia a giocare con Radic e con Daniel.
“Radic è un giocatore da post basso, più statico, gli dai palla e ci pensa lui. Daniel è più atletico, verticale, corre. Con lui fai più contropiede, forse meglio per noi ed il nostro tipo di gioco. Ed in difesa può cambiare sui piccoli e questo ci rende sempre aggressivi”.
- Matteo Montano e la Fortitudo: fino al 2017.
“Coach Boniciolli ha un contratto fino al 2017, ed io ho chiesto alla Società di poter avere lo stesso percorso. Sento che con lui la mia carriera potrebbe avere una svolta importante. Tra due anni vedremo dove saremo, e cosa sarò diventato io”
(intervista di Stefano Valenti)