IL DOPOPARTITA DI FORLI' - FORTITUDO
Abbiamo visto e soprattutto sentito tanti allenatori, in questi decenni, perdere - o preparare - partite lamentando assenze del quattordicesimo uomo o piangere miseria per l'unghia incarnita del bibitaro, che diventa difficile commentare il tracollo di Forlì alla luce di quanto spiegato a fine gara da Dalmonte, ovvero di una situazione di tal precarietà per cui è normale fare ringraziamenti ad una squadra che, sul campo, a parte i primi minuti è stata accomodante, scarsa, come se si fosse scansata davanti alla millesima vittoria di Martino contro la Fortitudo. Diventa difficile, perchè non sapendo chi ha giocato in condizioni precarie allora il giudizio va posto su cosa si è visto. Ovvero, una squadra dove in nessun ruolo si è fatto meglio del dirimpettaio, senza dare sempre la colpa ai soliti stranieri: il play italiano di Forlì ha fatto meglio di quello di Bologna, l'ala italiana idem, il lungo italiano idem, il cambio degli esterni uguale, insomma ci siamo capiti.
Non sarà la roccaforte casalinga da portare anche fuori sede, e così come nulla era stato portato lungo la A22 verso Mantova, nulla lungo la A13 per Ferrara, idem sulla A14. In una domenica dimessa, molle, con l'ennesima alta percentuale concessa ai tiratori da 3 (11/23, spesso senza mai alzare le mani o arrivando con troppo ritardo) e senza mai dare l'impressione di voler tentare la scossa. E allora, non sapendo nomi e cognomi degli infermi, quello che si è visto è altamente insufficiente. Con rotazioni ancora al limite, specie ora che Italiano è ormai fisso da 4 e l'unico, unico cambio degli esterni è Panni. Va bene tutelare le stelle, ma qualcosa andrà mosso, almeno che non si ritenga sufficiente - e magari potrebbe anche esserlo, chissà - il campionato da metà classifica dove si festeggia in casa e si fa turismo in trasferta. Udom in prestito, Laganà di scuderia amica in uscita dalla disgregata Firenze, chissà. Perchè è vero non fare passi più lunghi della gamba ma, ahimè, questa non è la Fortitudo dei nostri padri dove l'importante era essere. E la gente potrebbe storcere il naso, in uno strano campionato dove dopo le casalinghe ci si chiede se non basterebbe solo un piccolo extra per essere da primato, e dopo le esterne invece si nota che non ce n'è uno che vada bene.
Ora, parta il girone di ritorno, dove per curiosità la Fortitudo giocherà praticamente sempre in casa con chi ora le è avanti in classifica e in trasferta contro chi è dietro, tranne rari casi. Vedremo, ma il sospetto è che con tutto questo volar basso la squadra si ritenga soddisfatta di far felice il Paladozza, tralasciando il resto. Ieri, almeno, al netto di bende e cerotti, così è sembrato.
Ed ero contentissimo - Solo Cucci, malgrado i 3 liberi sbagliati (record stagionale), è sembrato volerci provare. Gli altri, tutti altamente insufficienti.
Non me lo so spiegare - La domenica di Thornton e Aradori, spuntati davanti e immemori delle tracce da seguire dietro. Il solito Davis, a cui ormai potremmo direttamente intitolare questo paragrafetto. Ma tutto l'andazzo di ieri, alla peggiore in stagione. Peccato.
(foto Fortitudo 103 - Valentino Orsini)