Pietro Aradori, capitano della Nazionale che questa sera affronterà l'Ungheria, è stato intervistato da Andrea Tosi sulla Gazzetta dello Sport. Un estratto delle sue parole.

Le responsabilità da capitano. Non mi pesano, anzi sono uno stimolo in più. Qualcosa devo scontare nel comportamento fuori dal campo, devo stare attento a non commettere errori sotto l'aspetto dell'immagine e dei rapporti professionali, ma in campo rimango l'Aradori di sempre, con le mie qualità tecniche e la mia personalità.

La partita di stasera vale molto. È una partita importantissima, direi decisiva per il futuro del movimento. Andare in Cina non ci può bastare. Bisogna andare oltre: spero che la qualificazione sia lo sprone per tornare ad un modello virtuoso, quello degli anni 90, quando in Serie A giocavano grandi campioni stranieri e avevano spazio anche gli italiani e i nostri club dominavano in Europa. Oggi non è così: gli italiani sono in grande minoranza per fare spazio a stranieri che per l'80% sono mediocri.

Ho avuto la fortuna di giocare in club importanti, ma ho anche pagato l'instabilità del sistema italiano cambiando troppe piazze. Roma, Siena e Cantù, per fare degli esempi, hanno avuto problemi. Solo Milano con la gestione Armani dava certezze. Oggi c'è anche Bologna, dove mi trovo benissimo, godo della fiducia del patron Zanetti e del manager Baraldi. Dopo tanto viaggiare, spero di fermarmi a lungo alla Virtus. È sempre stato un club affascinante per me.

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