Sono giornate lunghe, di riflessione e impegno totale, per Obiettivo Lavoro. La sfida di domani con Torino vale molto più di una stagione, e Giorgio Valli prova ad avvicinare il gruppo all’appuntamento tenendo alta la tensione e non cedendo alla pressione.

“Ci accingiamo a giocare una delle due partite della vita, non credo siano parole esagerate. Lo sappiamo da tempo. Cerchiamo di tradurre tutto questo veleno in forza, come dice Kobe Bryant, ci serve energia. Sappiamo che tanta gente ci sarà vicino, e una volta di più non dobbiamo disattenderli”.

Intanto, un’altra settimana di passione per le condizioni non perfette di qualche giocatore. “Ci apprestiamo a questa sfida con Torino in condizioni una volta di più precarie, non sappiamo se Fontecchio e Vitali ci saranno e Mazzola recupera piano piano. Vitali ha un problema tra secondo e terzo dito del piede, è molto dolente. Fontecchio è alle prese con la sua schiena ballerina, che ogni tanto si blocca. Torino partirà con molta aggressività, dovremo dare tutto e spero di averli comunque, per qualche minuto. D’altra parte, ancora una volta bisogna fare con quello che abbiamo, con la voglia di vincere questa partita a tutti i costi, al di là dello scarto, di tutto quanto. Servono quaranta minuti di intensità di squadra, sappiamo che vuol dire soprattutto difesa perfetta”.

Non aiutano, le combinazioni del calendario. Ma questo è un pensiero che oggi non ci si può permettere. E nemmeno ne vale la pena. “Per Torino forse non è la partita della vita, non come per noi almeno, perché con un po’ di congiunzioni astrali favorevoli, se poi vincono con Pesaro che a sua volta dovrebbe vincere con Cantù, che ha già raggiunto il traguardo, possono essere a posto. Pensiamo a noi, a metterci in campo bene lasciando negli spogliatoi tensione, nervoso, emozione. Io, in campo, spero di essere il più lucido possibile, non vedere niente intorno, perché a me sta il compito di dirigere la baracca, a me il compito di guidare i miei ragazzi in una partita determinante, decisiva”.

Il ritiro nella collina sopra Zola Predosa, a pochi minuti dalla Unipol Arena, è stato un modo per compattare il gruppo prima della sfida assoluta. “Sono tre giorni passati assieme importanti, ma prima ci sono stati comunque dieci mesi assieme. C’è collaborazione, molta voglia di battersi. Abbiamo fatto allenamenti duri, spigolosi, ma i ragazzi sanno che da soli non possono andare da nessuna parte. Devono giocare insieme”.

Anche la settimana è stata pesante. Dopo la sconfitta di Cantù, la contestazione al ritorno a Bologna e poi giorni di attesa e pensieri complicati. “Per noi allenatori il discorso è un po’ troppo lungo. Siamo chiamati a fare non solo gli allenatori, mi piacerebbe stare a lavorare in palestra e basta. I tifosi hanno capito bene la situazione, devo dire che sono molto più comprensivi di quello che a volte pensiamo, ho parlato molto volentieri con loro dopo Cantù. Ci sono stati vicini in silenzio, ed è ciò di cui abbiamo bisogno, non di calci. Per questo li ringrazio. Il resto dobbiamo trovarlo noi in spogliatoio, giocatori e staff, dobbiamo essere esigenti e positivi perché un giocatore se lo bastoni e basta, prima o poi molla”.

Il pensiero comune riguarda un finale di campionato che, a questo punto, non dipende più soltanto dalla Virtus. La sensazione di non essere del tutto padroni del proprio destino. “Sarà vero che non dipendiamo solo da noi stessi, ma adesso pensiamo solo a questa partita. Altrimenti diventiamo pazzi, spendiamo energie nervose per cose che non possiamo dominare. Adesso dobbiamo cercare di dominare Torino. Adesso dobbiamo vincere i duelli contro Dyson, White, Mancinelli, Eyenga, Ebi. Dobbiamo pensare a questa gente qui”.

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