E allora Forlì. Ci sono tanti di quei significati in questa partita che se il buon Enrico Schiavina volesse fare una versione regionale del suo Cugini mai avrebbe solo l'imbarazzo della scelta. E, dato che si tratta di trasferta e non di casa, allora si omettano le comunque tante battaglie paladozziane, da quando il 1990 finì con le uova ai giocatori in poi. Qui si ricordi quando nel 1988 si festeggiò una promozione tanto scontata quanto meritata, preludio al derby-sorpasso che avrebbe profumato di biancoblu le sere di aprile, anticipando il maggio amato da Luca Carboni. O quando nel 2010 una serie che per motivazioni, annessi e connessi dovrebbe finire su Netflix, altroche: gara 5, i forlivesi con le maglie sBolognateli, Malaventura, tutto quello che ne andò a seguire poi. E con Sacrati, dietro le tende, che forse chissà, sperava nel ferro e non nel cesto che, di fatto, smascherò e chiuse tutto il suo bluff. O nel 2015, con Forlì stavolta ad essere luogo neutro (certo, come no) della finale della B, quella tra Bologna e Siena, quella che se qualcuno fosse stato a vivere su Marte per 10 anni e gli avessero detto che Bologna e Siena erano in finale in quarta serie avrebbe chiamato il 112, il 113, il 118 e via discorrendo. Tre promozioni, al Palafiera, tre festeggiamenti: quasi più che al Paladozza, dove la Fortitudo ha chiuso le proprie stagioni festanti una qualche volta di meno.

Poi chiaro, ci sono anche stati episodi negativi, ad esempio quello che nel 2018 chiuse l'esperienza di Boniciolli, già grondante di gioia nel 2015, sulla panca Fortitudo: sconfitta, malessere recidivo, e il giorno dopo - si era alla fine di marzo - l'annuncio che gliela doveva dare su. O altre sconfitte qua e là, ma sempre meno importanti, dal punto di vista della storia, di quelle vittorie altrimenti raccontate.

I mille ex, su una A14 che in questo caso è trafficata anche in inverno. Quello più recente, sia chiaro e ovvio anche se non servirebbe citarlo, è Antimo Martino. Che per forza di cose avrà sentimenti misti - sarà ancora più turbolento, il suo animo, al Paladozza - visto come il suo rapporto con la Fortitudo lo si potrebbe raccontare citando gli Stadio.

Voi che lo avete messo in panchina e gridato.
Voi che lo avete ascoltato e aspettato, bruciato e poi scordato.
Voi dovete isegnarci con tutte le cose non solo a parole.
Chi era mai questo Antimo, ma chi era mai questo Antimo?


L'allenatore della promozione nel 2019, quello che nell'estate di tre anni fa avrebbe forse potuto anche chiedere di essere messo al posto del Nettuno che qualcuno glielo avrebbe messo. Quello che l'anno dopo stava facendo tutto sommato bene (meglio di come sarebbero poi andate le cose) prima del Covid. Quello fatto fuori alla ricerca di un upgrade (cit.) e qualcosa di più fashion. Quello che andò a Reggio Emilia, battè la Effe (e chi non?) festeggiando come normale che fosse, quello che poi tornò da queste parti per un eccesso d'orgoglio capendo che non era cosa, e quello che dimostrò come non sempre le minestre riscaldate, indipendentemente dalla minestra, funzionano. D'altra parte, pure i tortellini avanzati a lasciarli brodo e riproporli scaldati il giorno dopo, la pasta si sfalda.

Forlì-Fortitudo, non sarà mai una partita normale.

(Foto Valentino Orsini - Fortitudo Pallacanestro 103)

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