Mettiamola così: per le serate con gli amici al bar, quando ci si chiede il miglior quintetto o il peggior quintetto mai visto, questa stagione ha dato argomenti per i prossimi 15 anni. Partiti tra proclami, cocktal alcolici e amenità varie, si è terminato quando di solito si iniziava davvero, con una classifica che ha portato ad una salvezza (s-a-l-v-e-z-z-a) risicata, ringraziando una vittoria sul campo di una Teramo rimaneggiata. Riuscire in pochi mesi a distruggere il lavoro di tanti anni, con purtroppo conseguenze future, con l’Eurolega persa: altrimenti, si sarebbe potuto semplicemente archiviare e dimenticare. E invece, ad ogni inizio di coro divoscion che si sentirà l’anno prossimo, qualcuno giocherà. E la Fortitudo no. Complimenti a tutti, perché è difficile trovare qualcuno che possa uscirne salvo, o con l’onore integro, o con la coscienza a posto. Da chi arrivò come Galactico e, chissà perché, non è mai stato realmente contestato, ad una tifoseria inspiegabilmente troppo neutra, a giocatori che troppo spesso hanno preferito gli alibi al sudore. Vediamoli uno per uno, anche se forse non se lo meriterebbero.

Edney - Quasi da rimpiangere Goldwire. L’uomo che ha trovato più alibi che non donne Rocco Siffredi, il play che non è mai stato capace di adeguare, nemmeno per una azione, il proprio gioco a quello della squadra. Certo, non era il giocatore ideale per un gruppo di attaccanti, e ad un certo punto i suoi minutaggi erano assurdi, vista l’età e la tenuta fisica. Ma ci sono ancora giocatori che stanno lì, usciti da un blocco, ad aspettare uno scarico che non arriverà, e lunghi che sognano almeno una situazione in cui il suo uomo non lo batta senza nemmeno bisogno di finte. Tante giocate fini a se stesse, e il ricordo di una carriolata di palloni persi nelle azioni decisive: spesso l’ossigeno non c’era, ma il pedigree necessitava risultati migliori. Impossibile da riproporre, chiude con 11 punti e 3 assist di media.

Norris - Cercato per mesi e mesi, ‘sto maledetto nuovo play, arrivò senza nemmeno tante certezze di giocare. Eppur lo provinarono a lungo, prima di dargli il placet: forse più per disperazione, che non per reale convinzione nei suoi mezzi. Fisicamente alla frutta, ha giocato in un contesto tecnico talmente squassato per cui nemmeno Stockton avrebbe potuto mettere dei cerotti, figurarsi lui. Non verrà rimpianto, 7 punti e 2 assist.

Cavaliero - Una delle battute dell’anno, purtroppo, non venne detta per ridere: deve uscire dalla panchina e fare bene: non ci riesce? Eppure Kaukenas lo fa. Se la sua colpa è di non essere il campione lituano, impossibile non assolverlo: gioca in situazioni tecniche estreme, quando prima ci sono troppi play e pochi posti, poi con un Ataman che lo pugnalerebbe alla prima azione non perfetta. Non regge la tensione, e ad un certo punto dell’anno pare sparire. Quando torna ad avere qualche speranza, è più la voglia che non il risultato: meglio da guardia (43% da 3) che non a dirigere, dove sembra ancora alquanto acerbo. 4 punti in 12’ di media.

Hamann - Diventa idolo dei tifosi senza nemmeno mettere piede in Italia, mostrando dal suo sito sciarpe della Fossa e festeggiando il fatto di poter giocare nella squadra per cui tifa. Tecnicamente di poca sostanza, soprattutto alla luce di un passaporto straniero, prima di essere ceduto aveva dimostrato due piccole cose (oltre a quelle che si tengono nel sospensorio) che alla F di quest’anno sarebbero servite eccome: cuore, e quindi difesa, intanto. Poi, il guardare prima i compagni che il canestro: scommettete che la stagione di Belinelli, con lui accanto, sarebbe stata diversa? Visto il Norris successivo, ci sarebbe da andare a Bamberg e chiedergli scusa per chi ha spezzato il suo sogno. 4 punti e 1.5 recuperi di media.

Fultz - Sfiduciato fin da subito, ha un exploit di Coppa che fa gridare a certi critici di Frates vedete il pirla che non lo faceva mai giocare!. Fuoco di paglia: con Ataman le cose vanno ancora peggio, con la ghigliottina pronta a scendere al primo sbaglio. Dopo mezza stagione senza segnali di vita, buone cose a Pesaro.

Belinelli - Il mistero della stagione. Vive una realtà eccessiva per la sua età, e per una esperienza che non può essere direttamente proporzionale al talento; gioca poi senza reti di protezione, che siano Repesa o compagni altruisti. In campo non ha un gioco offensivo che lo metta nelle condizioni di far bene e, vista la qualità dei tiri che si prende, si dovrebbe anche fare hurrah per il mediocre 33% da 3 con cui termina: gli umani, forse, non avrebbero toccato il 15%. Ma ha anche delle colpe proprie: rari guizzi difensivi, poca voglia di ribellarsi al destino, e forse poca voglia di farsi sanguinare il cuore per questi colori. Ma accusarlo di immobilismo facciale, o di non accettare le discussioni fuori dal Palasport, è puro masochismo: se si vuol mettere sul cubo degli esiliati un 21enne alle sue prime difficoltà, lo si faccia pure. Ma non sarà il modo migliore per ricostruire una baracca andata a pezzi. 15.5 di media e qualche tiro libero in più dell’anno scorso, con percentuali (74.8) da rivedere.

Janicenoks - Preso forse con l’illusione assurda di un passaporto italico per Edney, nemmeno mette piede a Bologna: gioca due trasferte (nemmeno malaccio), poi va a Teramo a far quel che sa. Buon attacco e buone percentuali; qui, nemmeno il tempo di rimpiangerlo.

Digbeu - Visto come era stato descritto, fisicamente non è nemmeno così floscio. In un caos tecnico da far impazzire un santo, si mette al servizio della squadra rinunciando a luce offensiva (anche se in alcune situazioni gli vengono i 5 minuti e arriva a tirar anche 4 pietre di fila da fuori) preferendo il lavoro difensivo. Con più atletismo che non buoni esiti, tra salti a vuoto e solitudine negli ardori. Davanti, poche scelte di tiro sono veramente buone, preferendo sempre la tripla (con il 34%) a cose migliori in avvicinamento. 4 rimbalzi di media, forse sarebbe servito qualcosa di meglio, pur mostrando carattere.

Mancinelli - Il secondo mistero buffo dell’anno. Parte con problemi fisici, poi si trova ad essere il giocatore chiave della squadra: può difendere sui 3 e sui 4, roba altrimenti aliena, e non sembra nemmeno tanto innamorato del pallone. Ne esce un inverno da favola, quasi da quintetto ideale in Eurolega, e Dio solo sa dove sarebbe, questa F, senza di lui. Un calo fisico, e forse anche di motivazioni, ne incrina il finale: ma avrebbe da dirne anche lui, che da uomo-sponda in attacco si trova a dover prendere anche i tiri di Bluthenthal, in certe situazioni. 10 di media, record in carriera, e ancora qualche eccesso da fuori. Criticato anche lui, forse lo avevano scambiato per Martinelli. In fondo, due consonanti cosa sono? Solo la differenza tra un devastatore e uno che, invece, andrebbe clonato.

Shumpert - Preso a sberloni dialettici prima ancora di mettere la canotta, è il giocatore meno adatto ai compagni che gli vengono messi accanto. Non un mastino dietro, non un soggetto che possa, in attacco, fare da semplice comparsa senza chiedere nemmeno un tiro. Diventato subito il capro espiatorio principale (10 di media senza grandi percentuali, e solo gli exploit con Napoli e nel derby di preseason), passa settimane da dead man walking: non la situazione migliore per reagire, insomma. Spedito a Treviso, magari ridendo anche pensando al pacco rilasciato alla Benetton, trentelleggia divertito davanti alle macerie di chi non aveva creduto in lui.

Jurak - Arrivato all’ultima curva, ultimo tesseramento dei 18 consentiti, nulla può davanti all’Armageddon. Decide che l’unica cosa positiva può essere sbattersi, mettersi in mostra per lasciare un buon ricordo, e la cosa non gli riesce nemmeno male, soprattutto con gli occhi ancora pieni del suo partitone senese. Certo, non è una divinità tecnica, e forse in un contesto di alto livello potrebbe solo fare l’onesto cambio. Ma intanto, uno dei pochi ad uscire tra gli applausi, con il suo 10+6 in 8 partite.

Bluthenthal - Sbaglia un derby: roba pesa, questo sì, ma dopo un filotto di partite in cui aveva dimostrato continuità e rendimento offensivo di primo livello. OK, è uomo da statistiche e a cui la difesa interessa come la musica sinfonica in prima serata, ma difficile che in Fortitudo qualcuno pensasse di aver preso, dai cugini, un giocatore alla Pelussi invece che lui. Tatticamente difficile da gestire, nel contesto della stagione, può solo limitarsi a far quello che meglio gli riesce: palla in mano e canestro. 15.3 punti e il 42% al tiro da 3 lo dimostrano, in fondo. Così come il tracollo dopo la sua dipartita forse gli avrà fatto spedire qualche cartolina in Turchia. Accusarlo di non saper difendere sarebbe come sposare Ilona Staller e lamentarsi delle corna. Qualcuno non sarà d’accordo, ma con lui nel finale – senza dimenticare l’infortunio da cui aveva recuperato – qualcosa di meglio poteva uscire.

Thomas - A far l’avvocato del diavolo, si potrebbero muovere appunti tecnici nemmeno tanto campati per aria: difensore più di grinta che non di classe, rimbalzista che vive di fame pallonara che non di tagliafuori, mai una chiusura o un aiuto degno di tal nome. Prima che qualcuno mandi dei virus al mio PC, però, si dica subito che è stata l’unica perla della stagione: gioca con costole frantumate, si becca critiche inspiegabili, ed è l’unico a mostrare una continuità di attributi. 10.7 rimbalzi di media, 11.6 punti, e sirene europee. Poi potrebbe venirvi a dire provate voi, a chiudere, prendere rimbalzi e magari pulire il campo quando nessuno, dico, nessuno, qui ha mai fatto tagliafuori o un semplice contenimento degli esterni avversari. E non gli si potrebbe dar torto: un po’ perché la sua mole lo sconsiglierebbe, un po’ perché ha ragione da vendere. Blindarlo, in qualsiasi modo.

Evtimov - Avesse, ad un certo punto, preso Ataman per il collo per allacciargli una cravatta tutta personale, difficile dargli torto: ad ogni partita era un continuo “è scarso, è brocco, fosse per me andrebbe in miniera”. Eppure Vasco aveva qualcosa che a troppi è mancato, in questa squadra: un barlume di cuore. Certo, tecnicamente non si parla di un fenomeno, ma non era una novità: un giocatore che necessita di un po’ di fiducia attorno, per rendere in un certo modo (e la partitona polacca, quando era l’unico lungo, lo dimostra). Gli spizzichi e bocconi non lo hanno aiutato, e nemmeno il marchio di broccaggine arrivatogli dall’alto. Peccato: francese per francese, valeva 10 Moiso, e l’ottima statistica dei rimbalzi al minuto lo ha dimostrato. Chiude con 4 punti e 5 rimbalzi in 11’ di media.

Ress - Giubilato quasi subito, per poi andare a giocare i suoi minuti a Reggio Emilia, togliendosi la soddisfazione di fare 2-0 contro chi lo mandò via senza realmente sostituirlo. Statistiche quasi inesistenti (62 minuti compelessivi giocati), ma visto l’andazzo successivo, forse, un’altra delle mille scelte folli di questa stagione infame.

Moiso - Un giorno racconteremo ai futurneofiti di come “abbiamo visto giocare Moiso” allo stesso modo di come, oggi, ricordiamo di aver visto Sfiligoi e Ballestra. Peccato che il curriculum del francese fosse leggermente diverso: dagli amici mi guardi Iddio, si dice, e peccato che Jasmin Repesa non abbia urlato alla sua ex squadra Non fatelo!. L’impressione è che a Jerome il basket non piaccia, tutto qua: eppure un contratto al Real lo ha trovato. Qui, nemmeno più in foto, lo vorrebbero più. 6 punti e 5 rimbalzi di media, mai un segnale di continuità o di semplice voglia di sbattersi.


Frates - Non è squadra adatta a lui, e il suo primo errore è quello di averla accettata. Capisce subito alcune cose (l’inadeguatezza di Edney soprattutto), ma non riesce a legare con lo spogliatoio né con l’ambiente. 3 vinte e 4 perse in campionato, zoppìe in Europa, ed ecco il benservito con contorno della ridicola faccenda delle bestemmie. Difficile sapere cosa sarebbe stato portandolo avanti fino in fondo: peggio di come è andata, comunque, non poteva essere.

Ataman - Trattandosi questo di un sito di basket, la voglia sarebbe quella di saltare la riga e andare oltre, dato che il soggetto è stato talmente disastroso da chiedersi se, oltre al girovita, non avesse lasciato in Turchia anche il manuale delle istruzioni. Però è passato, e qualcosa va detto: il peggior allenatore della storia Fortitudo, pronto a trovare alibi da tutte le parti, pronto ad infamare i propri giocatori piuttosto che spronarli, ma sempre pronto a ripetere siamo da scudetto. Anche pronto a correre ad Istanbul ad ogni occasione buona: l’ultima, hanno tagliato il viaggio di ritorno. Lo si doveva fare prima. Unica vera cosa a sua discolpa, la ricerca di un play che veniva girata non ad un gm con scrivania e cellulare, ma a chi era alle Maldive.

Oldoini / Gay - Due vinte e otto perse: si inventano capoallenatori in una situazione in cui nemmeno Dylan Dog sarebbe riuscito a togliere i mostri dal Paladozza, e nulla ne viene fuori. Con troppi giocatori ormai alla frutta, difficile imputare loro qualcosa. Dan, però, con questo continuo adeguarsi alle vicende (dall’accettare di essere messo a roster, al finire fuori squadra, fino al ruolo di allenatore-giocatore), si è forse alienato qualche simpatia nell’ambiente. Team Manager, forse, lo può diventare. Altro, probabilmente, potrebbe essere da rivedere.

Martinelli - Il vero vincitore della stagione. Arriva con fanfare, butta polvere negli occhi di troppa gente, parla di cocktail alcolici, accusa gli accusatori di essere scienziati, maldiveggia a lungo prima di andarsene con la borsa più piena di quanto non la avesse appena arrivato. Far squadre di soli attaccanti paga solo al fantabasket, gli si potrebbe dire, se non fosse che, probabilmente, il suo intento bolognese non era quello di far bene sul campo. Sarebbe da dimenticare, se le conseguenze non rimanessero qui, con una credibilità (e una Eurolega) buttata nello sciacquone. Distruggere in pochi mesi il lavoro di un decennio: difficile capire se sia più questa, l’impresa, o averla fatta senza nemmeno l’ombra di una contestazione. Evidentemente, sa come accattivarsi le persone.

Sacrati - Solo ripetere lo striscione della Fossa a Siena: in bocca al lupo.
IL RITIRO DI MATT WALSH
PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE