Sopravvissuta agli eventi che la davano spalle al muro - solo perchè in casa non ci si era mai entrati - e confermata come truppa che, sui propri giardini, farebbe venire mal di testa a tante, tante squadre. La Fortitudo riemerge, e pur essendo ancora meno vicina alla meta di quanto non lo sia Brescia (a Bologna mancano 80', ai lombardi 40'), è evidente che la formula della serie (FFCCF) aveva portato a credere cose che così non erano, tutto qua. E oggi (ore 20.30, diretta Sky per chi è senza biglietto) ci sarà la possibilità di impattare, amen. Sapendo che entro la cerchia delle mura vincere per le avversarie non è esattamente la cosa più facile - una sola sconfitta boniciolliana dal suo arrivo, da quel giorno in cui vide Arzignano e pensò mi avete preso in giro, il livello è più alto di quanto mi fosse stato raccontato.

La retorica è molto semplice e banale, ed è anche giusto che qualcuno faccia presente a Boniciolli che ripetere tutti i giorni i concetti su dove fosse la squadra (e non solo al suo arrivo) sembra quasi il classico disco inceppato. Però, santo cielo, è anche corretto ribadire una cosa, punto e basta: sette decimi di chi si sta giocando la finale - al netto di infortuni eccetera - erano presenti anche lo scorso anno (Costa Volpino, memento?), e cinque addirittura erano nel roster scelto, ancora prima, dai quasi dimenticati Vandoni e Anconetani. Ovvero Candi, Lamma, Montano, Sorrentino e Raucci, a cui poi si aggiunsero Italiano e Carraretto. Questi, con l'addizione di Amoroso e Daniel, oltre che dei meno minutati Quaglia e Campogrande, sono quelli che cercheranno l'impresa: ve lo sareste immaginato, quando durante il Sanremo 2015 saltò la panchina, e si arrivò a Boniciolli con stravolgimento collettivo dei bulbi oculari?

La finale, fin qui, ha detto cose meno complicate di quanto non sembri: in casa si può attuare una intensità difensiva superiore rispetto a quanto non si possa fare in trasferta - detto fuori di metafora, bussare - e la cosa ha favorito sempre chi, in questo fondamentale, sa come agire. Per cui Brescia a Brescia, Bologna a Bologna. E Brescia ha fatto, in Azzarita, come mille altre squadre fin qui, indipendentemente dalla categoria: si tiene botta, si regge, poi però quando scattano i cinque minuti dietro, la Fortitudo asfalta. Senza nemmeno bisogno di un Valentino Mazzola a rimboccarsi le maniche. E allora, Arzignano o Brescia che sia, il risultato è sempre quello: nel secondo tempo, il ritmo bolognese è diverso da quello di chi fronteggia, e valla te a ripescare, poi, una squadra che non ti fa mai far canestro. Facile a dirsi, vediamo se sarà facile anche ripeterlo, almeno in casa, per una ultima volta.

In un clima che quasi inevitabilmente si è scaldato, tra questioni di biglietti e il timeout di Boniciolli che è parso, ad occhi avversari, poco rispettoso nei confronti del giovane Totè: d'altra parte, alzi la mano chi, in quel momento della partita, non ha pensato esattamente la stessa cosa pensata dal coach biancoblu. Poi magari ci potrebbero essere formule e avverbi diversi, ma nell'impeto dell'agone forse nemmeno Cavour sarebbe stato diplomatico, figurarsi il Nostro. Che, tra gli usi dell'asta del microfoni ed epiteti vari, chiaramente fa capire che è bello accendere l'audio nei timeout, ma con annessi e connessi. Amen: in campo ci vanno le squadre, e che ci si possa divertire il più a lungo possibile.
IMPERIAL BASKETBALL CITY TOURNAMENT (BOLOGNA, 25-26 GIUGNO), DA OGGI APERTA ANCHE LA BIGLIETTERIA AL PALADOZZA
PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE