Claudio Coldebella è stato ospite della trasmissione Possesso Alternato su Basket 108. Ecco un estratto dell'intervista.

Quest'anno abbiamo navigato a vista, cosa molto difficile, non è stato possibile programmare. Abbiamo iniziato una stagione senza sapere se l'avremmo finita. Siamo stati pronti alle problematiche nuove legate al Covid: un giocatore positivo, una partita rinviata, un volo cancellato, ma avere superato tutto questo ci ha reso migliori. Il fatto di avere scelto per la prima volta un dirigente straniero di stampo occidentale è un segnale dell'intenzione del club d'aprirsi a un nuovo modo di dirigere la squadra e questo mi ha permesso di portare qualche idea. Ho la fortuna di avere un allenatore in gamba, con cui lavoro molto bene. Il fatto che l'ultima gara della stagione scorsa si sia giocata il 9 marzo ci ha permesso di avere più tempo e di analizzare bene le cose e cosa migliorare: abbiamo cercato di inserire più solidità, più atletismo e voglia di competere. La pallacanestro è cambiata tanto dai miei tempi, più stranieri, più atletismo.


Parlo volentieri di Pajola, perché giovane, italiano e bravo. Ha tanto da imparare da Teodosic, Belinelli, Markovic e Djordjevic che gli ha dato tantissimo in questi anni: è una fortuna essere allenato da un grande ex playmaker, che sa molto bene motivare i giovani. Pajola è una situazione perfetta, giocare nella Virtus, oggi come ai miei tempi, è il massimo che puoi aspettarti.
Sono una persona curiosa nel lavoro, mi piace la pallacanestro, proprio per questa curiosità ho avuto il desiderio di fare un'esperienza all'estero, prima da giocatore, poi da dirigente.


L'esperienza da giocatore fuori dall'Italia mi è servita tanto, mi ha insegnato cosa vuol dire essere uno straniero, che è diverso dall'essere un indigeno nella tua comfort-zone e questo mi aiuta a capire le difficoltà dei giocatori stranieri, soprattutto fuori dal campo.
Nel 1990 in preparazione ai mondiali in Argentina mi faccio male alla mano e non riesco ad andare, l'estate dopo ci sono gli europei in Italia, ma per me non c'era posto, davanti a me avevo Brunamonti, Fantozzi, Nando Gentile. Con il mio allenatore alla Virtus, Ettore Messina, decidiamo per questa esperienza in una neonata lega americana, la World Basketball League, dove potevano giocare solo i giocatori alti meno di 198 cm. La mia squadra erano i Dayton Wings, con vice allenatore Mike Sylvester che era stato mio compagno alla Virtus, commissioner della lega Bob Morse. C'erano giocatori che avevano fatto molto bene all'Università, ma che non avevano l'altezza per sfondare in Nba: era un gioco naturalmente molto veloce. Anche quella fu una prima esperienza da straniero, per due mesi mi sono divertito. L'anno dopo in Eurolega, c'era la formula dei gironi, avevamo vinto il nostro e incontrammo il Partizan, quarto nell'altro raggruppamento. C'era una sciagurata formula per la qualificazione alle Final Four di Istanbul: la prima partita era fuori casa e poi le due in casa. Noi andammo a giocare a Belgrado, nonostante l'embargo si giocò là dopo che in tutto il girone il Partizan aveva giocato le gare in casa in Spagna, perdemmo, poi vincemmo la seconda in casa ma fummo sconfitti nella terza. Era il Partizan di Danilovic, Djordjevic, Rebraca, il primo anno di Obradovic allenatore, con Nikolic come tutor; un'occasione un po' persa per noi, ma fu una grande stagione comunque e quel Partizan vinse poi la Coppa.

Il giorno della finale contro la Virtus nel 1998 fu un giorno un po' triste: vai in finale di Eurolega, che è un sogno e purtroppo devi giocare contro la tua ex squadra e questo crea sicuramente dei problemi, non fu facile. Fu una fantastica Eurolega per la Virtus, arrivare secondi e perdere contro la mia ex squadra non fu semplicissimo.


La legge Bosman mi permise di andare all'estero dopo sette anni con la Virtus, grandi compagni, Roberto, Gus, Carera, Morandotti, Moretti, grandi allenatori, Ettore, Alberto Bucci: sono stati anni splendidi in cui ho imparato tantissimo. Per costruire una squadra di basket bisognerebbe partire dal budget; occorre sentirsi con l'allenatore che deve essere al centro delle scelte, ma tutto parte anche dalla volontà del club, quale squadra vuole fare, con quali caratteristiche, noi abbiamo fatto così quest'anno, poi la parte nomi viene alla fine, in base allo scouting fatto nell'anno. Atene ha tante squadre, ma Salonicco è forse più simile a Bologna come città del basket. Io ho pochi cimeli da giocatore, ma conservo una videocassetta con la semifinale Paok - Salonicco del 1990, in cui noi venivamo dal più venti dell'andata, nato negli ultimi cinque minuti, e la gara di ritorno fu in un ambiente, con un'atmosfera mai vista né prima né dopo. Quella gara ci permise poi di andare in finale e vincere la Coppa contro il Real Madrid.



Messina si aggiorna, è sempre attento ai cambiamenti nella pallacanestro, si è adeguato ai tempi, questo dimostra la bravura dell'allenatore. Il gioco è cambiato, prima c'erano i trenta secondi, Ettore ha 32 anni da capo allenatore ed è riuscito a essere sempre moderno, mantenendo la sua filosofia, il lavoro, la cura dei dettagli, la serietà.



L'anno prossimo per noi sarà difficile, ci sono tanti esempi di squadre che hanno avuto tante difficoltà in campionato facendo l'Eurolega, perché si alza tantissimo il livello tecnico, atletico, si giocano 34 partite, in sette settimane c'è il doppio turno, a cui si aggiunge il nostro campionato che è come fosse un'altra coppa, con trasferte lunghissime. Dovremo migliorare sotto tanti aspetti come club.


Quando sei giovane non pensi molto, ma la tranquillità in quella finale di Coppa delle Coppe, venne dai compagni, dall'essere parte di un gruppo. Roberto è stato un maestro, c'è sempre stata una competizione quotidiana con lui, perché se non ti alleni in un certo modo, come fosse una partita, non riesci poi a rendere in gara; con Brunamonti erano sempre delle partite anche in allenamento. Con l'arrivo di Bucci al posto di Messina, ci furono novità ma anche continuità, perché parliamo di uomini con la Virtus dentro, grazie all'Avvocato Porelli e alla cultura del club. Due modi di allenare diversi, anche per età e per background, ma la cultura Virtus è andata avanti.


Ci sono tanti ruoli tra i dirigenti, non ben definiti, si parla di Amministratore Delegato, Direttore Sportivo, General Manager, ma c'è un po' di confusione. Possiamo ancora migliorare molto nella figura del dirigente, in Italia ne abbiamo di bravissimi, ma si pensa troppo alla parte campo e poco all'organizzazione del club. Ne abbiamo anche all'estero come Gherardini, Baiesi, Alberani. Bisogna creare dei giovani per il bene della pallacanestro, lo sport deve rendersi più moderno per attrarli. Ogni anno le squadre di Eurolega perdono giocatori e non ci sono le armi per difendersi. L'Eurolega è un progetto valido ma deve ancora crescere. La stagione di Milano è stata fantastica, per risultati, per serietà, per continuità, dai giocatori, allo staff, alla società.

La puntata è riascoltabile integralmente qui:
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