Poteva essere una goleada presa, in quella che sarà l’ultima davanti a qualche spettatore per un bel po’ e chissà, ma la Fortitudo la trasforma in una prova di orgoglio, non abbastanza per matare la chilometrica Milano, ma almeno per lasciare un buon ricordo negli occhi del pubblico, in attesa di sapere quale sarà il DPCM che le permetterà di riavere qualche applauso. Si regge per 37’, a volte inseguedo a volte mettendo per un po’ il naso avanti, e viste le condizioni – Fantinelli out – poteva davvero andare peggio. Se esiste il concetto di bella sconfitta, questa lo è.

Si parte con i milleduecentotrenta – e non più milleduecentotrenta? – della Unipol a lanciare sporadici e forse ormai nostalgici fischi all’antico nemico Messina, e con la Fortitudo inizialmente timida nei suoi inediti ingranaggi senza Fantinelli e con Withers ripristinato all’ultimo. 1-7, prima di trovare qualche equilibrio di più e cercare di rispondere, per quanto possibile, a canestro fatto dopo canestro subito. Si regge, senza infamia e con qualche lode, ed è 13-20 al 10’.

5 filati di Aradori quasi impattano, portano Messina al timeout e all’inevitabile – ormai affettuoso, si potrebbe dire – coro sulle lacrime dell’Ettore. E’ una Fortitudo che affronta la gara con il giusto piglio, libera da pressioni e vedndo quel che passa il convento. Reagendo ad un tiro da 4 – tu quoque – di Datome e ad un -10 facendo immediato 14-0 con sorpasso, e Aradori a ventellare già prima dell’intervallo. Milano non si aspetta tutta ‘sta roba, continua a forzare dall’arco, e deve ringraziare un po’ gli errori in area di Happ e un po’ il gong di fine tempo (che arriva sul 42-38, cassando un cesto di Roll) se le cose non vanno ancora peggio.

Due immediate sciocchezze di Withers permettono a Milano di rifiatare e fare 2-11, ma non sembra che la Fortitudo abbia voglia di avviare il percorso verso il garbage, anzi. Si tiene botta, Sabatini dietro morde polpacci come nemmeno il Mitico Villa, e pur non trovando frustate come nel secondo quarto si costringe Milano a stare molto più sveglia di quanto forse non preventivato alla vigilia. L’Olimpia pare affrontare controvoglia l’extrasforzo, chiude 63-56 avanti il 30’ ma con tanta fatica.

E’ però affaticata anche Bologna, che in attacco non sa più da che parte sbattere la testa quando Aradori si chiama fuori e con gli altri mai attivi. E allora Milano, altrimenti sempre sulla soglia della sufficienza scarsa, non può esimersi dal fare 60-69, non sfruttando un antisportivo allo stesso Aradori. Arriva il +11 Olimpia, ma la gara rimane apertissima, perché la Effe ne ritrova. Arriva a -3, poi la pugnalata arriva da Datome. 4 per il barbudo, e sono l’impennata della strada che fa definitivamente esalare una comunque orgogliosa Bologna.


(foto Legabasket)

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IL DERBY ALLA FORTITUDO 95-92