FORTITUDO - AGRIGENTO, LA SERIE TRA GARA 2 E GARA 3
Qualcuno stava già pensando che ci fosse troppo Renato Zero in giro, tra Galeotto fu il canotto e Spalle al muro. A dire il vero ignoriamo il rapporto tra il re dei sorcini e la pallacanestro: di certo, la gara 2 della Fortitudo è di quelle che può far esaltare o, dall’altra parte, far girare e non poco gli attributi. Mostruosa prova difensiva, ma più che difensiva di testa: la squadra ha fatto capire fin da subito che non sarebbe stato un banchetto come due giorni prima, e che Agrigento si sarebbe dovuta sudare ogni canestro. Agrigento non lo ha capito, per molto tempo ha continuato a giocare con fin troppa superficialità, e troppo tardi ha cercato il cambio di registro. E Bologna è tornata ad essere quella contro cui, se non stai attento, fatichi a superare quota 60. E alla fine questo è il basket, per cui fai disastri segnandone 77 e godi segnandone 57, e per cui la stessa squadra, nelle stesse condizioni, ne becca esattamente – o quasi – la metà di 48 ore prima. Come se l’allenamento non fosse stato su regole di gioco, ma su come legare le altrui falangi.
Agrigento ci ha messo del suo, con i due mori che hanno scioperato o quasi. Ma alla fine dimostra una cosa che non sempre è facile, da riconoscere: gli americani della Fortitudo non saranno fenomeni pronti all’NBA, ma sono giocatori che capiscono quando la palla non va dentro, o che capiscono quando c’è bisogno di altro che non sia il fate fare a me. Ecco quindi il finale da gregario di Legion, dopo una prova offensivamente quasi offensiva, o Knox che se c’era da fare un blocco o una chiusura non si è risparmiato. Sembrano quisquilie, ma in certi casi il convento ha bisogno che passi questi.
Ora? Ora si torna a casa con l’1-1 che tutti volevano, ed è chiaro che ed è stato già dimenticato il modo in cui questo è arrivato, resettando i disastri del primo maggio e pensando che va bene così. Solo, un monito: la squadra dell’anno scorso dava l’idea, al Paladozza, di poterle vincere spesso e volentieri anche solo per inerzia. Questa, invece, ha dato spesso l’impressione di non sapere uccidere le avversarie. Bene, stare attenti soprattutto, se non solamente, a questa cosa. Il 2-0 casalingo non è scontato, men che meno nel 2017.
Shine on you crazy diamond - Difficile anche dare premi di migliore in campo, in una gara dove nessuno ha fatto il fenomeno e nessuno è stato una spanna sotto gli altri. Allora, plauso a chi ha saputo riavvitare le zucche nel modo migliore, perché serve anche questo.
Another brick in the wall - Se si tirano tante pietre, ma se si spinge gli avversari a tirarne anche di più, va bene comunque.
(Foto di Fabio Pozzati)