Il presidente della Virtus Alberto Bucci è stato intervistato dal Resto del Carlino, e ha ripercorso le tappe della sua carriera in bianconero.
Ecco una sintesi delle sue parole:

Gli inizi in Fortitudo (1973/74) e dieci anni dopo l'arrivo in Virtus. Per ingaggiarmi l'avvocato Porelli mi inseguì per le scale a Fabriano, mentre uscivo dal campo perché ero stato espulso e fin da subito feci esperienza con la sua finta durezza. Vinciamo la stella a Milano, lui non mi fa i complimenti e mi dice che per vincere uno scudetto io ero dovuto andare alla Virtus, io rispondo che era la prima volta che allenavo in serie A e lui finisce la discussione ammettendo che pure lui commette degli errori. Era una persona generosa e una volta mi disse che il suo obiettivo era vincere ogni quattro anni, diversamente la pallacanestro perdeva di interesse. Ho avuto tanti presidenti, lui è stato l'unico a dirmi una cosa del genere.

Il primo ritorno con Cazzola. E' il 1993/94. Alfredo mi chiama, avevamo frequentato i salesiani insieme ed eravamo della Bolognina e mi chiede di allenare la Virtus, dicendomi che capiva il fatto che non si potessero vincere tanti scudetti consecutivamente. Il nostro rapporto era molto forte, ero spesso a casa sua e la nostra sintonia si rivelò importante, nel lavoro non ti regala nulla ma era riconoscente.

La promozione in serie A. Credo che la nostra stagione possa racchiudersi in un aneddoto. A metà campionato Spissu non sta giocando bene. Gli chiedo se si sente stanco: lui mi dice che ha 22 anni e non ha il diritto di sentirsi stanco. Questa è una frase che non mi dimenticherò mai perché vuol dire che non cercava scuse: se giocava male era perché giocava male e non perché era stanco. E questo è un altro fatto di una squadra che dava segnali di una compattezza unica, tutti hanno voluto dare il loro contributo.

La Virtus per Alberto Bucci. E' la compagna di un bellissimo viaggio, che prima o poi so che finirà. A volte finisce perché vai via, a volte perché la vita finisce. Mi ha dato tanto perché quando sono arrivato ho vinto lo stella e nel tempo è diventata un'amante, un'amica, una sorella o una figlia. Sono andato e ho allenato e lavorato da altre parti, ma per me la Virtus è diventata tutto.

Sull'iniziale rifiuto della Virtus, per i suoi problemi a camminare. E' vero e mi era dispiaciuto, poi incontrai Beppe Lamberti e mi disse che mi avrebbe fatto allenare tutte le squadre del settore giovanile della Fortitudo. Quel rifiuto e quell'esperienza mi hanno insegnato il rispetto per il lavoro degli altri ed è il motivo per cui io auguro alla Effe di salire l'anno prossimo. Noi dobbiamo abituare il nostro pubblico, che è fantastico, al rispetto reciproco: godere della propria vittoria non implica compiacersi della sconfitta dell'avversario. Non è nelle mie corde: io sto bene quando vince la Virtus, ma non sono contento se hanno perso gli altri. Non ho invidia per nessuno, ho smesso di odiare perché perdi tempo, stai male tu e chi è odiato gode nel farti star male. Non posso preoccuparmi di chi non mi vuole bene.

Sull'apertura del prossimo capitolo. Non si è chiuso un capitolo, la promozione è un paragrafo di un capitolo che vuole rivedere la Virtus ai vertici della pallacanestro italiana. Io spero si esserci, quando non ci sarò più spero che la V nera sia ancora più avanti, non so quanto durerà la mia vita. Noi faremo come quel trenino che lentamente attraversa le montagne, ma alla fine arriva dove dovrebbe arrivare.

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