IL DOPOPARTITA DI CHIETI-FORTITUDO
E niente. Come il classico studente che oltre una certa qualità non sa, non vuole, non può andare, dopo i complimenti ecco arrivare per la Fortitudo una nuova ricaduta in antiche problematiche: Chieti è una sconfitta, col senno di poi prevedibile per chi ha già più volte dimostrato di non accendersi se non ce n'è una qualche ragione extracampo. Adeguandosi al livello di chi - al netto dei cambiamenti di roster che l'hanno migliorata - se è in coda alla classifica ci sarà un motivo, senza mai dare segnali di riscossa nè tantomeno di volerci davvero provare. Ed è paradossale come una prova brutta, più che scarsa, poteva essere mondata, nel risultato se non nella prestazione, dall'ultimo tiro. Ma, come ormai mille e mille volte in questi anni, la palla non è arrivata ai cosiddetti leaders della squadra. E chiedere a Italiano, già goleador una azione prima, di fare il doppio salvatore della patria, sarebbe stato eccessivo.
Non ci si può fare niente, se non sperare almeno che questa sia una sconfitta nel solco della giornata storta e non abbia altre cause come già successo in precedenza, anche se l'impressione è stata proprio di una non sufficienza collettiva contro una Chieti che, dopo i botti del primo quarto, ha iniziato a boccheggiare già a metà della seconda frazione. Male a rimbalzo, inutile Davis, la Fortitudo ha avuto buone cose solo da un quintetto meramente difensivo nell'ultimo quarto, quello che con un comunque grigio Panni era riuscito a mettere la freccia, per un attimo. Poi si è tornati per forza di cose a cercare anche il canestro, ma questo non si è fatto trovare. Insomma: questa è la Fortitudo di questa stagione, non completa (o non completata) e non sempre capace di accendersi. E se non la si deve esaltare troppo nel bene, non la si lapidi nel male. Oltre non può andare.
Ed ero contentissimo - Di cosa? Davvero poco, se non che almeno si è lentamente annegati tutti insieme, senza lodi e senza esagerate infamie.
Non me lo so spiegare - Le solite drammaticità. L'inesistente se non dannoso Davis. La solita evanescenza di Aradori (peggior plus/minus) nei momenti importanti. L'incostanza di Thornton. La confusione nell'ultima azione, con giocatori che si sono tamponati e non sapevano dove volessero andare. Eccetera. Senza sapere dove andare quando serve, e lavorando solo e sempre di approssimazione, non sempre la si porta a casa. Specie se non si è in casa.
(Foto Mauro Donati)