Se ne è andato ad appena sessantotto anni, il Duca Nero. Che è stato sogno e delizia di chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare, con la canotta della Virtus, capace pure a fine carriera di dispensare il suo basket illuminato, da stella Nba che doveva convivere con gli acciacchi ma aveva dentro uno spirito vincente, una lucidità di pensiero e una visione del gioco da sembrare, ai nostri occhi di appassionati, un eterno ragazzo.

Il popolo della V nera piange Jim McMillian, uno dei suoi più grandi protagonisti, che ieri ha lasciato un po’ più vuoto e smarrito il firmamento del basket. A Bologna era arrivato a trentun’anni compiuti, lui che era nato a Raeford, North Carolina, l’11 marzo 1948. Guardia di 197 centimetri, c’era arrivato dopo una lunga carriera nella Nba, iniziata da prima scelta dei Lakers all’uscita dalla Columbia University, nel 1970. Due anni dopo sotto la guida di Bill Sharman aveva già conquistato l’anello, il primo della franchigia da quando si era insediata a Los Angeles, in un gruppo da leggenda che comprendeva Wilt Chamberlain, Jerry West, un Elgin Baylor nella stagione del ritiro, ed anche Pat Riley. Da lì, nove anni tra le stelle del basket: tre stagioni a Los Angeles, poi altrettante ai Buffalo Braves, due ai New York Knicks e l’ultima ai Portland Trail Blazers, con una media in carriera di 13.8 punti e 5.3 assist (ma 15.3 punti di media nel triennio ai Lakers, e addirittura 16.4 in quello ai Braves).

Fu proprio al termine dell’esperienza di Portland che Jim arrivò a Bologna, altro audace colpo dell'avvocato Porelli, dando ulteriore forza a una squadra che poteva contare su Creso Cosic, Renato Villalta, Charlie Caglieris, capitan Gianni Bertolotti, Pietro Generali, e poi Martini, Valenti, Cantamessi, Govoni: la Virtus guidata da Terry Driscoll, campione d’Italia uscente, con l’arrivo del Duca Nero confermò la sua supremazia sulla pallacanestro italiana, battendo in finale di playoff Cantù con un secco 2-0.
Riservato, tranquillo, dai modi semplici, in campo McMillian diventava un difensore insormontabile, come ben comprese Bob Morse nella semifinale di quella corsa scudetto, vinta dalla Sinudyne contro Varese grazie al suo lavoro instancabile. Che era fatto di durezza fisica, mai oltre i limiti del lecito, ma anche di tecnica brillantissima. Modi ed eleganza nobilissimi. Da Duca Nero, appunto.

Se McMillian-Cosic era stata una coppia fantastica, splendida fu anche quella dell’anno successivo, stagione 1980-81, quando accanto al Duca di Raerford arrivò il brasiliano Marquinho. Meno baciata dalla buona sorte, però: dopo una marcia trionfale in Europa, con vittorie a Mosca, Madrid e Sarajevo, la corsa bianconera si inchiodò in quella maledetta finale di Strasburgo, contro il Maccabi vincitore per un solo punto, 80-79. In quell’ultimo atto che avrebbe regalato ai tifosi la triste memoria dell’arbitraggio di Van der Willige, Jim McMillian non potè portare il suo contributo, che avrebbe potuto capovolgere gli equilibri e portare la Virtus sul trono. E anche lo scudetto scivolò via alla fine di quella stagione, in una finale contro Cantù in cui la truppa bianconera restò priva di entrambi i suoi stranieri: sempre out McMillian, fuori causa anche Marquinho.

Jim McMillian è stato, per chi lo ha visto all’opera, un’enciclopedia del basket, illuminatissimo anche quando la condizione veniva meno ed era costretto a rallentare i ritmi. E allora via di intuizioni geniali, di mestiere, di classe cristallina.

Oggi lo piangono i Lakers, per voce del presidente Jeanie Buss. “La sua perdita è un giorno triste per tutti noi, è stato un uomo-chiave nella conquista del nostro primo titolo Nba a Los Angeles”. Da questa parte del’oceano, la Virtus non è da meno, e si unisce al cordoglio della famiglia e degli amici del suo campione. Di Jim McMillian, del Duca Nero che è stato una storia unica e irripetibile, su questi parquet. Un pezzo di storia della V nera.

(nella foto Virtuspedia, Jim McMillian col numero 14 accanto a Creso Cosic in canotta Sinudyne)

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PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE