VIRTUS IMOLA, MAURO ZAPPI NUOVO ASSISTENTE
La Intech Virtus Imola ha scelto: Mauro Zappi sarà il nuovo assistant coach di Marco Regazzi nella stagione 2022/2023, completando lo staff tecnico che vede anche gli esperti (e confermati) Andrea Zotti e Giorgio Devetag.
Imolese doc, classe 1977, Zappi è un esperto allenatore e video match analist con alle spalle un’importante esperienza all’Andrea Costa durata ben 7 anni. Sette anni ricchi di soddisfazioni e delusioni: innanzitutto, il debutto in panchina come head coach (nella stagione del ritorno in serie B), dopo la parentesi Moretti.
Zappi torna alla Virtus Imola dopo le due parentesi agonistiche in cui si esibì come cestista: nel 1997/’98 in serie B1, in una squadra di altissimo livello con, tra gli altri, Caiti, Cempini, Zecca, Gilardi e Sonego. Quindi, tornò in Prima Divisione nell’anno della ripartenza dopo la chiusura dei battenti nel 2005.
Tra gli head coach con cui ha lavorato in maglia biancorossa, Ticchi, Cavina, Di Paolantonio, Moretti e Grandi.
La sua esperienza maturata in quegli anni potrà tornare utile nella sua nuova avventura in casacca giallonera. La Società è particolarmente soddisfatta di aver trovato l’accordo con Mauro Zappi, certamente uno dei coach più quotati del comprensorio.
Mauro Zappi, un caloroso bentornato in maglia giallonera. Quant’acqua sotto i ponti è passata dall’ultima volta! Perchè hai deciso di accettare la proposta della Virtus Imola?
“Grazie! Felice ed orgoglioso di aver ritrovato i colori gialloneri! Quando una Società ti cerca, ti vuole e dimostra di apprezzare il tuo lavoro, fa sempre piacere. Se poi a farlo è una realtà storica come la Virtus Imola non puoi avere dubbi. Guardando la Virtus da fuori in questi anni era molto chiaro ed evidente che si trattasse di una realtà sana, organizzata e in grande crescita e con persone serie a lavorare per il bene del Club. Ci tengo a ringraziare tutta la società per avermi voluto nella propria organizzazione. Avevo un’offerta importante da fuori ma la costanza con la quale mi hanno voluto ha fatto la differenza. Imola e’ casa mia… ne ero uscito poche settimane fa dalla porta di servizio, oggi ci rientro dalla porta principale. E sono pronto e carico per iniziare la mia nuova avventura”.
Tante esperienze in varie categorie, raccogliendo anche la sfida di allenare per un certo periodo come head coach. Come sono stati i tuoi ultimi 10 anni sul parquet?
“Tanti anni di A2 e di serie B che mi hanno sicuramente formato come allenatore. Sono stati anni molto intensi dove ogni esperienza, anche quelle negative, mi sono servite per crescere. Non ne ho mai fatto una questione di Serie, ma, piuttosto, ho cercato la situazione tecnica che anno dopo anno poteva farmi crescere e tornarmi utile per la mia carriera. Questo ha fatto sì che due stagioni fa io mi sia sentito pronto per gestire la squadra come Capo Allenatore in assenza di Moretti. Non fu un periodo per niente facile. In pieno Covid rientravamo da una lunga di quarantena di squadra e passammo diverse settimane senza poterci allenare al completo e senza il supporto di nessuno. Questo però non ci vietò di andare a vincere ad Alessandria giocando in 6 una partita sottovalutata da tanti, purtroppo anche da chi ci stava vicino, ma che poi si rivelò fondamentale per il proseguo di quella stagione. Fu una grande emozione. La mia prima da Capo Allenatore e una vittoria in quelle condizioni”.
Ticchi, Cavina, Di Paolantonio, Moretti e Grandi, sono gli ultimi head coach con cui hai condiviso il progetto biancorosso. Quanto ti porti dietro del loro modo di lavorare?
“Ognuno dei capo-allenatori che ho avuto mi ha insegnato qualcosa e ha integrato il mio personale puzzle di Coach. Ho cercato di essere una “spugna” e di cogliere in loro i lati positivi ma anche quello che magari non era in linea con il mio carattere. Tutto e’ stato utile per crescere. 5 persone e allenatori completamente differenti. Per sempre rimarrò grato a Giampiero Ticchi. Il primo che mi ha voluto e ha creduto in me. Un grande uomo prima che un grande coach. Ancora oggi se ho bisogno di un consiglio o di un confronto lo cerco. Cavina e’ stato un maestro di tecnica e tattica e gestione della squadra. Di Paolantonio mi ha insegnato come un allenatore possa avere avere un lato umano e raggiungere anche i risultati. Moretti e la sua esperienza ad alto livello mi hanno lasciato la professionalità e l’organizzazione di chi ha vissuto quegli ambienti. Grandi è un ottimo coach e con lui ho un grandissimo rapporto. Qualcuno, per propria convenienza, la scorsa estate ha provato a “metterci contro”. Fortunatamente per noi abbiamo dimostrato sul campo la nostra solidità lavorativa e confermato il bel rapporto che e’ nato e che prosegue ancora oggi fuori dal campo”.
Quanto potrai incidere nel lavoro dello staff tecnico di coach Marco Regazzi, coadiuvato da Andrea Zotti e Giorgio Devetag? Quali sono le tue specialità tecniche principali?
“Per prima cosa, entro nel mondo Virtus in punta di piedi. Marco, Andrea e Giorgio sono stati i protagonisti di una bellissima promozione, riportando Imola dove conta. Io cercherò di portare la mia esperienza, le mie idee e il modo di lavorare che ho appreso in questi anni. Dovrò essere un buon supporto per Marco Regazzi e, perché no, a volte fargli venire qualche dubbio. Il confronto quotidiano con lui e lo staff sarà fondamentale per avere una stagione vincente. In questi anni sono stato sempre un supporto in campo per il capo allenatore, partita o allenamento che fosse. E mi sono occupato dell’analisi degli avversari e dello sviluppo dei giocatori. L’esperienza che ho acquisito mi dà la speranza di poter essere un valore aggiunto per questa realtà. Ma i ruoli e la divisione del lavoro saranno una decisione del coach e io sarò a disposizione per quello che serve al bene della Virtus”.
In che direzione si sta muovendo il basket nell’ultimo periodo, dalla Nazionale ai campionati regionali?
“Il basket non sta attraversando un bel momento. Non ci sono regole chiare e soprattutto c’è troppo permissivismo. Il risultato è che tante, troppe, Società approfittano di tutto questo. Speculando su ciò che viene permesso, facendo passi più lunghi della gamba, agendo prevalentemente per interessi personali, non rispettando gli impegni con i propri tesserati e non permettendo ad allenatori e giocatori di lavorare in modo dignitoso. La riforma dei campionati mi convince poco e non la ritengo una soluzione per risolvere certi problemi”.
Il rapporto tra staff e roster, nel basket odierno, è fondamentale per accrescere il valore delle prestazioni individuali e, soprattutto, di squadra. Ne sei convinto?
“La pallacanestro è in continua evoluzione ed il rapporto tra staff e giocatori è molto importante. Come allenatore ritengo sia fondamentale avere un rapporto con i propri giocatori. Oggi devi essere anche un po’ “psicologo”, cercando di capire chi ha bisogno di che cosa. Il giocatore deve essere messo nelle condizioni di poter rendere al meglio ed eseguire ciò che viene richiesto dallo staff. Confronto quotidiano, analisi del lavoro fatto, sedute video, 10 minuti di chiacchiere post allenamento: sono tutte situazioni che mettono il singolo nelle condizioni di lavorare al meglio e il più sereno possibile e di conseguenza alla squadra di poter “performare” al meglio”.
I tuoi massimi vertici raggiunti come cestista?
“Il punto più alto rimane la serie A2. Ma ero un giovane ragazzo con tanti sogni nel cassetto aggregato alla prima squadra dell’Andrea Costa. L’apice come giocatore vero però e’ stato proprio alla Virtus Imola. Anno 97/98, si giocava la B1, ed era un campionato davvero di ottimo livello. Una squadra forte che arrivo a giocare la poule promozione. Arrivai con il mercato di novembre e fu subito amore. Poi tanta B2. Faenza, L’Aquila , Castenaso. Tutte esperienze importanti, che all’epoca mi formarono anche come persona e che ricordo con grande piacere e affetto”.
Cosa ricordi del tuo periodo giallonero da atleta?
“Grandi ricordi e grandi emozioni. Non vedo l’ora di riviverle e di sentire il calore dei tifosi e dell’Armata Giallonera. Ho vissuto la Virtus in 2 momenti. La prima volta, stupenda. Un giovane imolese che ha avuto la possibilità di confrontarsi con il basket che conta. Era la stagione ’97/’98 e ricordo ancora il mio esordio al PalaRuggi contro Brindisi. L’emozione quando entrai in campo, il primo canestro che servì a sbloccarmi e farmi dimenticare tutto. Vincemmo. Fu bellissimo. La seconda, altrettanto emozionante. La Virtus aveva chiuso i battenti e ripartiva dalla Prima Divisione. Nel ’05/’06 fui chiamato per giocare in quella squadra e vincemmo il campionato. Ricordo ancora le 200 persone che ci accompagnarono nella partita di finale. Un record per quella categoria, ma che mi fece capire una volta di più quanto batteva il cuore dell’Imola giallonera. Mi piace pensare di aver dato un piccolo contributo alla rinascita della Virtus che oggi è qui. In serie B”.
Come pensi sia cambiato il basket cittadino di Imola negli ultimi anni?
“Imola è una città che vive di basket. Le due squadre principali hanno vissuto momenti di massimo splendore alternati a momenti più bassi. Quello che non è mai cambiato è la passione di chi segue queste realtà. La rivalità cittadina che torna farà bene, scalderà la città e per noi protagonisti sarà un privilegio vivere una piccola “Basket City”. Facendo un discorso a raggio più ampio sarebbe bello che Imola fosse messa nelle condizioni di poter competere per palcoscenici più alti e che meriterebbe. Ma per fare questo gli interessi personali di tante persone dovrebbero essere messi da parte per il bene di tutti. Un’utopia”.
A Imola il tuo cognome non può non essere associato al mitico Gianni, tra l’altro fondatore dell’Andrea Costa e più volte coach di entrambe le società locali. Il rapporto con tuo padre sul campo ha inciso sicuramente sulla tua carriera?
“Gianni (o coach, a seconda di quello che vivevamo) è stato mio coach in Andrea Costa e alla Virtus ed era il babbo che trovavo a casa. Ma credo che siamo sempre stati bravi a scindere le due cose e portare avanti bene il nostro lavoro, anche quando ci siamo ritrovati nell’ultima esperienza io come allenatore e lui come dirigente. E’ sempre stato un esempio , prima di tutto. E quello che mi ha messo il basket nelle vene. Anche se credo che il vero eroe della storia sia stata mia mamma, brava e paziente a vivere prima con un allenatore ed un giocatore e poi con due allenatori. Spero di averli entrambi in tribuna alla mia prima partita con la Virtus. Tornando a Gianni è stato bello ed emozionante averlo vicino nella mia prima partita da capo allenatore. Fu il mio assistente per quella partita, perché nessun altro si poteva sedere al mio fianco. Ricordo la tranquillità che mi ha trasmesso prima della partita e l’abbraccio dopo la vittoria. Li porterò sempre con me. Parlo da allenatore e da addetto ai lavori: le sue dimissioni dall’Andrea costa mi hanno messo molta tristezza. Se un professionista del genere con una carriera 40ennale alle spalle arriva a tanto, credo ci si debba fare qualche domanda. E credo che una Società dovrebbe fare di tutto per tenersi stretta personaggi del genere”.
Imolese doc, classe 1977, Zappi è un esperto allenatore e video match analist con alle spalle un’importante esperienza all’Andrea Costa durata ben 7 anni. Sette anni ricchi di soddisfazioni e delusioni: innanzitutto, il debutto in panchina come head coach (nella stagione del ritorno in serie B), dopo la parentesi Moretti.
Zappi torna alla Virtus Imola dopo le due parentesi agonistiche in cui si esibì come cestista: nel 1997/’98 in serie B1, in una squadra di altissimo livello con, tra gli altri, Caiti, Cempini, Zecca, Gilardi e Sonego. Quindi, tornò in Prima Divisione nell’anno della ripartenza dopo la chiusura dei battenti nel 2005.
Tra gli head coach con cui ha lavorato in maglia biancorossa, Ticchi, Cavina, Di Paolantonio, Moretti e Grandi.
La sua esperienza maturata in quegli anni potrà tornare utile nella sua nuova avventura in casacca giallonera. La Società è particolarmente soddisfatta di aver trovato l’accordo con Mauro Zappi, certamente uno dei coach più quotati del comprensorio.
Mauro Zappi, un caloroso bentornato in maglia giallonera. Quant’acqua sotto i ponti è passata dall’ultima volta! Perchè hai deciso di accettare la proposta della Virtus Imola?
“Grazie! Felice ed orgoglioso di aver ritrovato i colori gialloneri! Quando una Società ti cerca, ti vuole e dimostra di apprezzare il tuo lavoro, fa sempre piacere. Se poi a farlo è una realtà storica come la Virtus Imola non puoi avere dubbi. Guardando la Virtus da fuori in questi anni era molto chiaro ed evidente che si trattasse di una realtà sana, organizzata e in grande crescita e con persone serie a lavorare per il bene del Club. Ci tengo a ringraziare tutta la società per avermi voluto nella propria organizzazione. Avevo un’offerta importante da fuori ma la costanza con la quale mi hanno voluto ha fatto la differenza. Imola e’ casa mia… ne ero uscito poche settimane fa dalla porta di servizio, oggi ci rientro dalla porta principale. E sono pronto e carico per iniziare la mia nuova avventura”.
Tante esperienze in varie categorie, raccogliendo anche la sfida di allenare per un certo periodo come head coach. Come sono stati i tuoi ultimi 10 anni sul parquet?
“Tanti anni di A2 e di serie B che mi hanno sicuramente formato come allenatore. Sono stati anni molto intensi dove ogni esperienza, anche quelle negative, mi sono servite per crescere. Non ne ho mai fatto una questione di Serie, ma, piuttosto, ho cercato la situazione tecnica che anno dopo anno poteva farmi crescere e tornarmi utile per la mia carriera. Questo ha fatto sì che due stagioni fa io mi sia sentito pronto per gestire la squadra come Capo Allenatore in assenza di Moretti. Non fu un periodo per niente facile. In pieno Covid rientravamo da una lunga di quarantena di squadra e passammo diverse settimane senza poterci allenare al completo e senza il supporto di nessuno. Questo però non ci vietò di andare a vincere ad Alessandria giocando in 6 una partita sottovalutata da tanti, purtroppo anche da chi ci stava vicino, ma che poi si rivelò fondamentale per il proseguo di quella stagione. Fu una grande emozione. La mia prima da Capo Allenatore e una vittoria in quelle condizioni”.
Ticchi, Cavina, Di Paolantonio, Moretti e Grandi, sono gli ultimi head coach con cui hai condiviso il progetto biancorosso. Quanto ti porti dietro del loro modo di lavorare?
“Ognuno dei capo-allenatori che ho avuto mi ha insegnato qualcosa e ha integrato il mio personale puzzle di Coach. Ho cercato di essere una “spugna” e di cogliere in loro i lati positivi ma anche quello che magari non era in linea con il mio carattere. Tutto e’ stato utile per crescere. 5 persone e allenatori completamente differenti. Per sempre rimarrò grato a Giampiero Ticchi. Il primo che mi ha voluto e ha creduto in me. Un grande uomo prima che un grande coach. Ancora oggi se ho bisogno di un consiglio o di un confronto lo cerco. Cavina e’ stato un maestro di tecnica e tattica e gestione della squadra. Di Paolantonio mi ha insegnato come un allenatore possa avere avere un lato umano e raggiungere anche i risultati. Moretti e la sua esperienza ad alto livello mi hanno lasciato la professionalità e l’organizzazione di chi ha vissuto quegli ambienti. Grandi è un ottimo coach e con lui ho un grandissimo rapporto. Qualcuno, per propria convenienza, la scorsa estate ha provato a “metterci contro”. Fortunatamente per noi abbiamo dimostrato sul campo la nostra solidità lavorativa e confermato il bel rapporto che e’ nato e che prosegue ancora oggi fuori dal campo”.
Quanto potrai incidere nel lavoro dello staff tecnico di coach Marco Regazzi, coadiuvato da Andrea Zotti e Giorgio Devetag? Quali sono le tue specialità tecniche principali?
“Per prima cosa, entro nel mondo Virtus in punta di piedi. Marco, Andrea e Giorgio sono stati i protagonisti di una bellissima promozione, riportando Imola dove conta. Io cercherò di portare la mia esperienza, le mie idee e il modo di lavorare che ho appreso in questi anni. Dovrò essere un buon supporto per Marco Regazzi e, perché no, a volte fargli venire qualche dubbio. Il confronto quotidiano con lui e lo staff sarà fondamentale per avere una stagione vincente. In questi anni sono stato sempre un supporto in campo per il capo allenatore, partita o allenamento che fosse. E mi sono occupato dell’analisi degli avversari e dello sviluppo dei giocatori. L’esperienza che ho acquisito mi dà la speranza di poter essere un valore aggiunto per questa realtà. Ma i ruoli e la divisione del lavoro saranno una decisione del coach e io sarò a disposizione per quello che serve al bene della Virtus”.
In che direzione si sta muovendo il basket nell’ultimo periodo, dalla Nazionale ai campionati regionali?
“Il basket non sta attraversando un bel momento. Non ci sono regole chiare e soprattutto c’è troppo permissivismo. Il risultato è che tante, troppe, Società approfittano di tutto questo. Speculando su ciò che viene permesso, facendo passi più lunghi della gamba, agendo prevalentemente per interessi personali, non rispettando gli impegni con i propri tesserati e non permettendo ad allenatori e giocatori di lavorare in modo dignitoso. La riforma dei campionati mi convince poco e non la ritengo una soluzione per risolvere certi problemi”.
Il rapporto tra staff e roster, nel basket odierno, è fondamentale per accrescere il valore delle prestazioni individuali e, soprattutto, di squadra. Ne sei convinto?
“La pallacanestro è in continua evoluzione ed il rapporto tra staff e giocatori è molto importante. Come allenatore ritengo sia fondamentale avere un rapporto con i propri giocatori. Oggi devi essere anche un po’ “psicologo”, cercando di capire chi ha bisogno di che cosa. Il giocatore deve essere messo nelle condizioni di poter rendere al meglio ed eseguire ciò che viene richiesto dallo staff. Confronto quotidiano, analisi del lavoro fatto, sedute video, 10 minuti di chiacchiere post allenamento: sono tutte situazioni che mettono il singolo nelle condizioni di lavorare al meglio e il più sereno possibile e di conseguenza alla squadra di poter “performare” al meglio”.
I tuoi massimi vertici raggiunti come cestista?
“Il punto più alto rimane la serie A2. Ma ero un giovane ragazzo con tanti sogni nel cassetto aggregato alla prima squadra dell’Andrea Costa. L’apice come giocatore vero però e’ stato proprio alla Virtus Imola. Anno 97/98, si giocava la B1, ed era un campionato davvero di ottimo livello. Una squadra forte che arrivo a giocare la poule promozione. Arrivai con il mercato di novembre e fu subito amore. Poi tanta B2. Faenza, L’Aquila , Castenaso. Tutte esperienze importanti, che all’epoca mi formarono anche come persona e che ricordo con grande piacere e affetto”.
Cosa ricordi del tuo periodo giallonero da atleta?
“Grandi ricordi e grandi emozioni. Non vedo l’ora di riviverle e di sentire il calore dei tifosi e dell’Armata Giallonera. Ho vissuto la Virtus in 2 momenti. La prima volta, stupenda. Un giovane imolese che ha avuto la possibilità di confrontarsi con il basket che conta. Era la stagione ’97/’98 e ricordo ancora il mio esordio al PalaRuggi contro Brindisi. L’emozione quando entrai in campo, il primo canestro che servì a sbloccarmi e farmi dimenticare tutto. Vincemmo. Fu bellissimo. La seconda, altrettanto emozionante. La Virtus aveva chiuso i battenti e ripartiva dalla Prima Divisione. Nel ’05/’06 fui chiamato per giocare in quella squadra e vincemmo il campionato. Ricordo ancora le 200 persone che ci accompagnarono nella partita di finale. Un record per quella categoria, ma che mi fece capire una volta di più quanto batteva il cuore dell’Imola giallonera. Mi piace pensare di aver dato un piccolo contributo alla rinascita della Virtus che oggi è qui. In serie B”.
Come pensi sia cambiato il basket cittadino di Imola negli ultimi anni?
“Imola è una città che vive di basket. Le due squadre principali hanno vissuto momenti di massimo splendore alternati a momenti più bassi. Quello che non è mai cambiato è la passione di chi segue queste realtà. La rivalità cittadina che torna farà bene, scalderà la città e per noi protagonisti sarà un privilegio vivere una piccola “Basket City”. Facendo un discorso a raggio più ampio sarebbe bello che Imola fosse messa nelle condizioni di poter competere per palcoscenici più alti e che meriterebbe. Ma per fare questo gli interessi personali di tante persone dovrebbero essere messi da parte per il bene di tutti. Un’utopia”.
A Imola il tuo cognome non può non essere associato al mitico Gianni, tra l’altro fondatore dell’Andrea Costa e più volte coach di entrambe le società locali. Il rapporto con tuo padre sul campo ha inciso sicuramente sulla tua carriera?
“Gianni (o coach, a seconda di quello che vivevamo) è stato mio coach in Andrea Costa e alla Virtus ed era il babbo che trovavo a casa. Ma credo che siamo sempre stati bravi a scindere le due cose e portare avanti bene il nostro lavoro, anche quando ci siamo ritrovati nell’ultima esperienza io come allenatore e lui come dirigente. E’ sempre stato un esempio , prima di tutto. E quello che mi ha messo il basket nelle vene. Anche se credo che il vero eroe della storia sia stata mia mamma, brava e paziente a vivere prima con un allenatore ed un giocatore e poi con due allenatori. Spero di averli entrambi in tribuna alla mia prima partita con la Virtus. Tornando a Gianni è stato bello ed emozionante averlo vicino nella mia prima partita da capo allenatore. Fu il mio assistente per quella partita, perché nessun altro si poteva sedere al mio fianco. Ricordo la tranquillità che mi ha trasmesso prima della partita e l’abbraccio dopo la vittoria. Li porterò sempre con me. Parlo da allenatore e da addetto ai lavori: le sue dimissioni dall’Andrea costa mi hanno messo molta tristezza. Se un professionista del genere con una carriera 40ennale alle spalle arriva a tanto, credo ci si debba fare qualche domanda. E credo che una Società dovrebbe fare di tutto per tenersi stretta personaggi del genere”.