Pietro Aradori è stato sentito da Andrea Tosi per la Gazzetta dello Sport. Un estratto dell’intervista.

“Per noi non è un esame, perché siamo appena alla seconda giornata e non abbiamo l'obbligo di prendere i due punti, ma è sicuramente una partita importante. Veniamo da un debutto vincente e abbiamo forti motivazioni per celebrare al meglio il ritorno della Effe in A al PalaDozza. C'è una bella atmosfera e vogliamo sfruttarla.
Dopo il taglio dalla Nazionale e la firma col presidente Pavani, ho raggiunto subito la squadra che aveva iniziato la preparazione da pochi giorni così ho potuto entrare senza ritardi nel programma di lavoro del coach. Inoltre, con molti dei miei nuovi compagni avevo già giocato insieme (Mancinelli e Leunen a Cantù, lo stesso Mancio e Cinciarini in Nazionale) e contro (Stipcevic e Sims) pertanto c'era già una reciproca conoscenza che mi ha facilitato. Questa Fortitudo mi ricorda, tra le tante squadre che ho cambiato, la prima Reggio Emilia, quella delle finali scudetto che aveva una forte anima italiana con l'ambizione di puntare in alto.
La mia esperienza a Venezia? Venivo dalla Spagna dove avevo fatto bene con l'Estudiantes. Ad aprile la mia stagione era finita così accettai la chiamata di Venezia. Non avevo molte aspettative, quella Reyer era arrivata seconda in stagione regolare, le sue gerarchie erano definite e quindi sapevo che per me c'era poco spazio. Uscimmo in semifinale alla settima partita contro Reggio, per qualcuno fu una delusione il fatto di avere mancato la finale per il titolo. Non ero io il rinforzo in corsa che poteva aiutare Venezia a vincere quello scudetto”


(foto Giulio Ciamillo)

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