IL RITIRO DI GIANLUCA BASILE, UNICO GIOCATORE FORTITUDO A VINCERE ENTRAMBI GLI SCUDETTI
A 42 anni, Gianluca Basile ha detto stop. Il giocatore per cui, Franco Lauro dixit, quando gioca tutta Ruvo di Puglia si ferma per guardarlo ha annunciato il ritiro, permettendo quindi ai suoi concittadini di tornare alle proprie attività. Carriera lunghissima, e per forza di cose notizia che a Bologna non può passare inosservata.
Storia d'altri tempi, quando Virtus e Fortitudo si combattevano i pezzi pregiati del mercato senza badare a spese: siamo nella stagione 98-99, e il ragazzo stava ben facendo a Reggio Emilia mentre le bolognesi lottavano per strappare fenomeni NBA in un periodo di lock out. Tra le righe, saltò fuori anche il nome di Basile: leggenda vuole che il soggetto fosse già in parola con la Virtus, e che avrebbe esordito nel derby. Tanto che, nella giornata precedente, con la Fortitudo in visita a Reggio Emilia, qualche coro di bastardo bianconero venne lanciato contro il giocatore. Poi però in Virtus non se ne fece nulla: la mitologia ha tramandato una questione di contropartita, con i reggiani che volevano un lungo in cambio, e dall'Arcoveggio che si opposero alla cessione di Dan O'Sullivan perchè già in bilico la posizione del presunto fenomeno Olowokandi, pronto a prendere l'aereo in caso di ripartenza americana. In San Felice avevano Chiacig in esubero: affare fatto, e Basile che il derby lo giocò, ma in maglia Fortitudo. Parve bulimia, per chi già nel ruolo - o quasi - aveva Myers e Jaric. La storia, però, racconta ben altro.
Basile è l'unico giocatore biancoblu ad avere vinto entrambi gli scudetti. Ha giocato dal 1999 al 2005, diventando prima di tutto, in modo forse imprevisto, un tonante leader in campo e nello spogliatoio. Poi cambiando il suo ruolo: pessimo tiratore da fuori (preferiva i gol dai sei metri) e buon penetratore, il nome di Gianluca Basile rimarrà per sempre legato al concetto di tiro ignorante. Ovvero, infilare triple nella maniera più assurda, spesso da posizioni assurde, spesso dopo partite da percentuali atroci. Ma sapendo che, quella decisiva, non sarebbe stata sbagliata. Ignorando le questioni sul fatto che fosse più regista o guardia, di fatto.
La sua carriera in Fortitudo non va quindi studiata sulle cifre, che parlano di una decina di punti di media e percentuali non da cecchino. Quanto piuttosto sulla capacità di attivarsi nel momento della disperazione. Ottenendo quindi il ruolo di simbolo fortitudino, senza se e senza ma, fino al momento in cui, giugno 2005, dopo la vittoria di Milano avrebbe potuto chiedere di buttare giù il Nettuno, e qualcuno lo avrebbe pure fatto. Scelse invece la doratissima via della Catalogna, per un po' di anni come amatissimo giocatore del Barcellona. Qualcuno storse il naso per quello che parve un tradimento: col senno di poi, vagli a dare torto. Specie quando, estate 2008, una scellerata campagna abbonamenti pareva puntare tutto sul suo ritorno: lui tentennò, chissà quanto ci pensò veramente, per poi rimanere in Hispania. Andate a vedere i risultati di quella stagione, ecco, e lamentatevi pure.
Basile è poi tornato in Italia, per scampoli di fine carriera nemmeno tanto sbilenchi anche ad alto livello, chiudendo insieme all'amico Abele Ferrarini con soddisfazioni siciliane a Capo D'Orlando, magari facendo presente che anche grazie a lui, letta con occhi fortitudini, la Virtus si è ritrovata all'ultimo posto in classifica. Chiaramente adorato dal popolo Fortitudo e chiaramente detestato sull'altra sponda, specie per una dichiarazione sul godo come un riccio nei giorni dei disastri madrigaliani nel 2003. Forse poco diplomatica, omettendo la questione su quanto se ne possa sapere sulla vita sessuale dei ricci, fino a quel momento ignorata dai più.
In ultimo, a Basile sono legati grandi risultati della Nazionale, dato che il concetto di tiro ignorante venne poi traslato in azzurro, sia agli Europei del 2003 che, soprattutto, nell'estate 2004. Prima con il massacro di Colonia ai pompatissimi eroi dell'NBA, poi con l'argento olimpico di Atene. Tutta roba clamorosa, pensando alla metamorfosi del timido pugliese trapiantato a Reggio Emilia diventato, poi, stella di primissimo piano nel firmamento europeo. Un saluto, nel giorno dell'appendere le scarpe al chiodo, non può non essere lanciato.