Davide Lamma - direttore sportivo e ora anche giocatore Fortitudo - è stato intervistato dal Resto del Carlino e da Damiano Montanari su Stadio.

Ecco una sintesi delle sue parole: Il ricordo più bello che ho in Fortitudo è proprio legato a Matteo Boniciolli. Era il 2001 ed era appena arrivato a Bologna. Io feci tutta la preparazione con la squadra e al termine di quel periodo mi disse molto sinceramente che se fosse stato per lui mi avrebbe tenuto, ma era appena arrivato in città e non se la sentiva di spendere il bonus che aveva per me. In quelle parole percepii la voglia di tutto l’ambiente di inserire nel gruppo un ragazzo cresciuto qui: aveva visto l’affetto dei tifosi nei miei confronti e la voglia dei giocatori di avermi con loro, ma non era possibile. Probabilmente il Boniciolli di oggi mi avrebbe confermato.

E’ tornato nel 2007 e subito le furono affidati i gradi di capitano. Si dice che la fortuna si ha quando la preparazione incontra l’opportunità. Mi ero preparato a quel momento, non ho mai rinnegato il mio essere fortitudino anche quando sarebbe stato comodo farlo. Sapevo che prima o poi sarei tornato e non aspettavo in modo inerte quel momento, ma cercavo di prepararmi. Non è mai facile giocare dove sei cresciuto, a maggior ragione se ti affidano la responsabilità di essere capitano.

Che cosa non rifarebbe? L’anno della retrocessione - nel 2008/09 - avrei dovuto affrontare in modo diverso quello che stava succedendo. Mi resi subito conto che il rischio del disastro sportivo era altissimo, e avrei dovuto far valere i miei pensieri con maggior forza, anche se questo avrebbe comportato il dover lasciare sul piatto qualcosa.

Vinta gara-5 a Forlì nel 2010, quando scoppiò la rabbia per una promozione inutile? Parlerei di delusione perchè ero davvero affranto. Scendere in serie B era stato un sacrificio, reso ancora più difficile dal fatto che dovevo spalmare un contratto importante: soldi che non vidi mai e a 35 anni non è facile sapere che hai lavorato per più di due anni gratis.

Il tutto avendo un fratello virtussino. E’ vero, nessuno è perfetto. Questo, però, fa parte del destino di tutti noi fortitudini. Ci prendiamo in giro, anche se la goliardia è più una cosa nostra, loro non sono proprio capaci.

Durante la sua esperienza in Fortitudo quali sono le persone con cui ha più legato? I tifosi, allora giovani oggi un po’ meno, con cui andai a vedere la partita di Reggio Emilia nel 1992, quella dove ottenemmo la salvezza, dopo quella stagione divenni un giocatore a tutti gli effetti.

L’impressione è che la Effe cementi i rapporti tra i giocatori, ad esempio tra lei e Alessandro Cittadini o Giacomo Galanda. Stiamo parlando di due amici veri, con cui ho condiviso momenti importanti della mia vita. Con Gek non ho mai giocato a Bologna, con Citta diverse volte e siamo anche soci in una società.

D’accordo ma se Bagaric o Djordjevic ricordano la loro esperienza all’Aquila con grande trasporto, pur avendo giocato da tante altre parti, un motivo ci sarà, non trova? La Fortitudo non è una squadra, ma è una comunità di cui la squadra fa parte. C’è un popolo che la circonda e che è pronto ad accoglierti solo perchè vesti la loro maglia. Questo crea un rapporto particolare che non tutti i giocatori sono pronti o predisposti a vivere. Se però ci riesci allora la Effe entra nel tuo quotidiano ed è difficile restarne fuori perchè obiettivamente sono relazioni importanti e generose… vanno oltre il binomio tifoso-giocatore.

Suo figlio la prende in giro? Tantissimo… soprattutto adesso che non capisce se sono un dirigente o un giocatore. Per questo è un fortitudino vero, anche se gioca a Bergamo in una squadra che si chiama Lussana. Ha otto anni e l’altro giorno si lamentava perchè la sua squadra aveva vinto quattro partite di seguito e si aspettava che fosse citata sul giornale. Noi siamo fatti così.

Cosa succede in questa finale? Non lo dico, lo penso ma non lo dico… sono troppo scaramantico.

Meglio affrontare Scafati o Brescia? A questo punto è indifferente. Anzi, meglio Brescia, così mio figlio Nicolò viene a vedere la partita. Entrambe giocano molto bene. Noi stamo realizzando qualcosa di veramente grande. Sarà una bella finale, in cui daremo tutto. Se i nostri avversari saranno più bravi stringeremo loro la mano. Ma questa Fortitudo è composta da undici elementi. Più 5500 persone che giocano insieme a noi.

Lamma direttore sportivo e giocatore. Sto imparando un lavoro nuovo. Giocare è la cosa più bella del mondo, ma non pensavo di tornare a farlo, il mio lavoro era ed è un altro. E' una cosa particolare, che poteva succedere solo alla Fortitudo. In finale darò il mio contributo come un direttore sportivo che sa fare due palleggi e ha visto qualche partita di basket in carriera. Il mio futuro non è sul parquet.

E' tempo di passare il testimone. A Montano o a Candi? Non esistono eredi, ma storie diverse, entrambi possono scrivere una bellissima storia per loro e per la Fortitudo, essendo loro stessi non gli eredi di Lamma. Sono molto contento di averli accanto. Hanno imparato a vivere da bambini io spirito Fortitudo. La gente può riconoscersi in loro.

 

 

(foto Schicchi - Resto del Carlino)

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