Awudu Abass è stato sentito dal Giornale di Brescia e dalla Provincia di Como. Un estratto delle sue dichiarazioni.

"Siamo riusciti a conquistare un grande traguardo, questo mi rende molto felice. Prima di arrivare a Brescia, la mia carriera era tutta un punto di domanda, non ero ancora in grado di conoscere i miei limiti e i miei punti deboli. L'esperienza importante in Germani mi ha permesso di fare questo salto di qualità, che fino a quel momento non mi era ancora riuscito.
Peccato per come siano andate le cose in Eurocup, l'eliminazione mi ha un po' toccato, ma questo è lo sport: sono cose che cose possono capitare. Dobbiamo avere la forza di rialzarci dopo essere caduti, partecipare all'Eurolega è anche una mia speranza, sarebbe una cosa grandiosa per la città di Bologna, ma anche per l'intero movimento cestistico italiano: avere due squadre nella massima competizione europea riuscirebbe ad alzare ulteriormente il livello del nostro basket.
La chiave? Partire in trasferta. Andare a casa loro, non da favoriti. Una situazione che ci ha dato la carica. Ma questo vale per la finale scudetto, per i playoff il momento è stato un altro, il terzo quarto di gara tre a Treviso. Sotto di 15, abbiamo rimontato e vinto grazie alla difesa e a una nuova consapevolezza data da un quintetto messo in campo per la prima volta da Djordjevic. È cambiata lì, da parte sua e da parte nostra, la gestione psicologica e tattica del playoff. Nuove rotazioni che ci hanno dato consapevolezza e, poggiando su una grande difesa, siamo andati a passare il turno anche con Brindisi. Una post season eccezionale, con serie vinte tutte a 0. Che enorme felicità.
Diciamo che non è stata una stagione facile. Per me forse la seconda più difficile della carriera. Ma con carattere, pazienza e lavoro duro ne sono uscito. Conquistando la fiducia dell'allenatore e dei compagni. Chi mi conosce lo sa che per me va così: il lavoro paga. E non bisogna mai lasciarsi andare, con carattere.
Bologna? Qui si respira davvero basket. E me ne accorgo ogni giorno. Prendete il periodo della finale: ero in città da solo, senza la famiglia. Allora viaggiavo in taxi: su dieci volte, nove mi è toccato parlare di pallacanestro, della Virtus e della finale. Altroché pre partita per concentrarmi... Situazioni uniche. Ovunque vado, trovo almeno un tifoso che mi ferma. Entro al bar e scattano subito tre-quattro foto alla volta. Nel nostro palazzo abbiamo una decina di virtussini che ci dà la carica, esci di casa vedi i vessilli nostri e della Fortitudo. Sali in auto e al semaforo ti avvicina qualcuno in bici a chiederti un selfie. È il bello di questa città, ma è tutto molto bello anche per me. Par di capire che non ti faccia dispiacere... Al contrario. Me la godo tutta, visto che tra dieci anni chissà cosa sarà quando tutto passerà."


(Foto Virtus Pallacanestro)

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IL DERBY ALLA FORTITUDO 95-92