LA FINE DELL'ERA MURATORI
Sarà poi il tempo a farci decidere come giudicare il decennio Fortitudo gestito - in consorzio - da Gianluca Muratori, il cui addio alla proprietà viene oggi quasi festeggiato come una liberazione, accentuandone i difetti e limitando quelli che potrebbero essere stati, comunque, i pregi. Con un percorso non dissimile da quello in Virtus di Claudio Sabatini, raccoglitore di cocci da altrui provocati e poi non sempre accettato dalla platea fino al fin troppo lungo saluto alle scrivanie.
Il merito di aver recuperato una Fortitudo - anzi, la Fortitudo - dopo gli anni della diaspora, in un 2013 dove qualsiasi ipotesi dirigenziale veniva vagliata dalle parti del tifo per evitare che ci fossero atomi di Biancoblu da parte di chi aveva seguito Eagles, e ovviamente viceversa. Ecco, questo non andrà dimenticato, per chi prese una realtà che non esisteva e che dovette mettere sul tavolo tanta credibilità, altrimenti svanita, per avere una B2. Gianluca Muratori non ha poi quasi mai avuto ruoli specifici nell'agonismo, lasciando la presidenza a varie entità delle quali solo Christian Pavani, per un bel po' di anni, ha avuto vero e proprio potere in mano: gli altri, dal primo Anconetani all'ultimo Di Pisa, passando per il dimenticato Mota, ben poche tracce hanno lasciato.
Rapporto controverso con i tifosi, che Muratori quasi si divertiva a stuzzicare - il famoso ingrati di due primavere fa, ma non solo - per vederne di nascosto l'effetto che faceva, questi gli avevano girato pollice verso da un po', sapendo poi quanto queste prese di posizione siano eteree, dato che mai un vero e proprio sciopero del tifo (se non il silenzio della curva in certi inizi partita) sarebbe stato fatto. Alla fine di questi anni rimane la cavalcata dalla B2 alla A1, non rapida come forse si sarebbe sperato ma nemmeno del tutto ovvia, e un percorso che almeno fino al febbraio 2020 aveva avuto dei passaggi discutibili - Metano Nord, sopra e tutto - ma che aveva riconsegnato la Effe al mondo delle prime otto del lotto.
E da lì, poi, che le cose sono precipitate, sul campo e non solo: i disastri agonistici, le squadre costruite senza avere il bene della Effe come primo obiettivo, le mai realmente digerite carte di credito bancarie per gli abbonamenti, gli stessi abbonamenti fatti a scatola chusa in tempo di Covid, i balletti sulle sedi societarie (Giacosa, Giacosa...) che sarannno state sì decisioni prese da Christian Pavani, ma che se non fossero state avallate dall'alto non ci sarebbero state. E nel frattempo i conti che non andavano bene, tanto da dover procedere - nel 2022 - con una procedura di ristrutturazione del debito. Infine, gli anni finali, sbagliando le persone da accostare alla Fortitudo - la mai ufficializzata ma attiva consulenza di Ferdinando Minucci nella primavera 2022, la stagione di Riccardo Sbezzi, consulente con inevitabili dubbi di conflitti di interesse - e, come detto, le sempre poco accomodanti frasi verso una tifoseria alla quale preferiva parlare di bastone e non di carota.
Alla fine l'epoca si è conclusa, quando l'offerta di cessione della società è arrivata seria - negli anni precedenti, come diceva Pavani, si era proposto solo il controverso Gerardo Cuomo, tornato di recente alla ribalta sempre per questioni molto distanti dallo sport - e proprio quando la voglia di andare avanti si era esaurita. Appunto: sarà la storia a dire se ricorderemo questi 10 anni per le cose positive o quelle negative, ma almeno l'onore delle armi, per chi tutto sommato si è ritirato con una Fortitudo iscritta alla A2 (cosa non scontata, visti i Faraonici precedenti), va concesso.