Gennaio – Finito il 2011 tra sconfitte e imbarazzi di mercato (Vrkic tagliato che resta in squadra, i nuovi arrivi che si fanno aspettare), la ripartenza non è che migliori tanto le cose: scudisciate in casa con Brindisi e a Barcellona, e il nuovo arrivo Robert Hite che promette meraviglie malgrado provenga da una sosta per infortunio. Zare garantisce per lui, ma intanto all’esordio si trova a dover giocare anche da centro (!) perché di alternative non ce ne sono nella batosta a Verona, e quando finalmente si vince, in casa con Veroli, fa zero su mille. Ma almeno c’è la vittoria, mentre anche Dimsa viene silurato e sostituito da Yango: difesa poca attacco un po’ meglio. Basterà?

Febbraio – Markovski vive ogni giorno con il rischio del taglio, e tutti sanno che malgrado la fiducia dichiarata della società non è che ci sia poi tanta soddisfazione. Ma arrivano tre vittorie in casa con in mezzo la sconfitta di Ostuni ad aggiustare blandamente la classifica, benchè Hite si fracassi e il suo sostituto, Hafnar, sembri fuoriuscito da un campionato Uisp: buona volontà e niente altro. Così si riesce a stare un pelo sopra la zona retrocessione, ma senza riuscire a dare l’idea di poter arpionare i playoff. Soprattutto, succede che ogni volta che qualcuno dice quella parolina, arrivano le sconfitte.

Marzo – Il calendario è una brutta bestia, perché ci sono soste che non permettono di prendere il ritmo, ma intanto il rientro di Hite viene continuamente rinviato, e il campo offre solo sconfitte, con anche Kelley, unico americano rimasto, a collassare. Sua la sconfitta di Jesi, dove riesce nel finale a far rientrare una Fileni che era ormai negli spogliatoi, mentre arrivano anche le sconfitte casalinghe con Sant’Antimo e quella, orribile, in trasferta contro Imola. Alla faccia dei playoff, si guarda con terrore l’ultimo posto della classifica e alla mano infortunata di Pecile: si deve andare per forza di cose sul mercato, e in un batter d’occhio, finalmente, la squadra viene aggiustata. Dentro Ferrero e Perry, per una trazione che più anteriore non si può, visto e considerato anche che Yango non fa impazzire Zare.

Aprile – Ferrero è uno che fin da piccolo sognava di giocare a Bologna, e anche grazie a lui arriva l’importante vittoria casalinga con Scafati. Ma il calendario è pessimo, e a Piacenza arriva una botta che fa malissimo. Si guarda più quel che fa Forlì che non il proprio campo, e si aspetta il rientro di Hite. Che si frantuma proprio mentre Kelley, che doveva lasciargli il posto, è quasi sul taxi che lo avrebbe dovuto portare al Marconi: contrordine compagni, ma in casa con Reggio si sarebbe perso in ogni modo. Restano due gare, e si passano i giorni nel far cervellotici calcoli su come evitare la retrocessione, specie considerando che impegni precedenti del Paladozza costringeranno la squadra a giocare l’ultima in altro loco. Si trema, ma non tremano le mani dei giocatori che, a Brindisi, tornano a vincere in trasferta dopo un’era geologica e guadagnano la salvezza con un turno di anticipo. Insperatamente.

Maggio – Baci e abbracci, in parte, per l’ultima di stagione che vede una non prevista vittoria nel “neutro” di San Lazzaro contro Barcellona. Tripla finale di Ferrero, ma la serata è soprattutto quella delle sfide tra Markovski e parte della tifoseria, con striscioni strappati e robe da western. Ovvio che il macedone sia alla fine della sua esperienza, che viene chiusa – tecnicamente non nell’immediato – senza particolari rimpianti reciproci. Stagione difficile visto il ritardo estivo - dice Romagnoli - ma cerchiamo di ripartire da questo nucleo sapendo che, stavolta, abbiamo un po’ di tempo in più. Non andrà esattamente così, e le garanzie di avere almeno l’allenatore entro la fine del mese vengono disattese. Si parla però di Cavina, soprattutto.

Giugno – C’è tempo, fin troppo, e di fatto viene sprecato. Gli argomenti sono tutti al di fuori del campo (consolidamento della base societaria, tentativi più o meno concreti di dialogo con Sacrati per l’eventuale riunificazione), e il campo resta al di fuori delle agende. Il gruppo di italiani aspetta ma nemmeno tanto, e inizia a chiedere informazioni altrove, mentre il famoso allenatore da annunciare a fine maggio aspetta. Si parla sempre di Cavina, soprattutto.

Luglio – Disattese le nemmeno tanto elevate speranze di avere già da subito il nome Fortitudo, con il CF che rimanda nel futuro la richiesta, a due mesi dalla fine della stagione viene finalmente trovato l’accordo con l’allenatore. Stefano Salieri, ma non c’è la firma. Un po’ di titubanze di vario genere, compreso anche il fatto che il coach castellano è ancora sotto contratto con gli Eagles, ma intanto è la società che si chiude nel silenzio: si vocifera anche di una possibile chiusura e cessione del titolo sportivo a Treviso, ma intanto chi c’era (Nicolai, qualche giocatore) va, e a fine luglio la BBB è un cantiere nemmeno ancora aperto.

Agosto – Finalmente fumata bianca. Non abbiamo chiuso per senso di responsabilità, dice Romagnoli, e a quasi tre mesi dalla chiusura della precedente stagione ecco l’ufficializzazione con Salieri, il 3 agosto. Per il mercato si deve fare in frettissima e con portafogli non certamente tonanti: allora dentro molti pretoriani del coach, il primo è Diviach, esploso proprio con Salieri tre anni prima a Ozzano. Restano Cutolo, Montano e (non immediatamente) Pecile, spazio a Gasparin, Verri e Pini: giovani e in rampa di lancio, per forza o per amore, sfuma Imbrò ma arriva Cournooh.

Settembre – Arrivano anche gli stranieri: la stampa serba paragona l’arrivo a Bologna di Drenovac a quello di giocatori di spessore leggermente superiore, mentre incuriosisce l’esplosività di Mosley. Nel precampionato, pur con qualche acciacco, la squadra sembra aver già l’anima e lo spirito giusto, ma in attesa del terzo straniero Diviach si fa male, e Drenovac fa parlare più per il quiproquo sull’utilizzo della maglia numero 13 che altro. Molto indietro, lo definisce Salieri, pure troppo: c’è anche un infortunio a far piovere sul bagnato. Si rompe anche Gasparin, mentre arriva la firma di Harris e l’esordio ufficiale con Trento, in Coppa Italia, non è gran che: male in casa e molto male fuori, ma utilizzando praticamente le terze linee.

Ottobre – Il brutto anatroccolo, davanti al campionato, diventa clamorosamente un cigno: la squadra fa il suo esordio vincendo in casa della favoritissima Casale, e anche dopo non perde un colpo, matando Capo D’Orlando, Jesi (in trasferta, con gollonzo finale di Harris da metà campo) e Pistoia. Pecile sembra ringiovanito, Cutolo pare il fratello bravo di quello a cui si era abituati, e tutti lavorano come pazzi, compreso il neoarrivato Michele Vitali. Pur giocando con il settore stranieri dimezzato, la gente è sorpresa e accorre al Paladozza, mentre fuori dal campo Romagnoli è l’unico a presentar offerta all’asta fallimentare e diventa proprietario di Eagles e del ramo d’azienda della fallita Fortitudo Pallacanestro. Applaude la Fip così come il Coni, in previsione del riconcedere il nome Fortitudo in estate.

Novembre – Dopo la quinta vittoria consecutiva arriva il primo stop, a Verona, ma intanto si vivono altezze di classifica assolutamente impreviste. Anche se Harris va a spizzichi e bocconi, Mosley sembra tecnicamente alle aste e Drenovac nemmeno viene preso in considerazione: chi c’è va eccome, mentre dai piani alti della politica cestistica si parla addirittura di ridar nome Fortitudo e 103 in febbraio. Eccessivo, mentre sul campo problemi per ora non ce ne sono.

Dicembre – Qualcosa si incrina: in casa arrivano le sconfitte con Scafati e Barcellona, tutto sommato normali viste le differenze di roster, ma intanto Cutolo si fa male e gioca al 30%, e a Natale si scassa anche Pecile. Arriva solo la vittoria in quel di Veroli, prima ufficiale della Fossa che, striscioni alla mano, afferma di tifare la vostra squadra, ma a modo nostro. Non certo per applaudire. Poi, con il ko di Forlì e di Cournooh, si capisce che i problemi del campo possono essere solo all’inizio.

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