LA SCOMPARSA DI DONZELL RUSH, EX PROGRESSO CASTELMAGGIORE
Era figlio un basket minore, se vogliamo, perché all'epoca a Bologna c'erano quelle altre due squadre, quelle normali, dove volteggiavano i Griffith e soci, per cui era normale che Donzell Rush, onesto manovale del tagliafuori e del balzo spesso fuori tempo, non c'entrasse molto. Ma lui non era arrivato in città per giocare in Virtus o Fortitudo, quanto piuttosto nel parente povero, il Progresso Castelmaggiore, che sbucò fuori dagli abissi delle minors per un triennio di gioie in crescita a inizio dello scorso decennio.
Grande epopea, quella, dove accanto ai folletti esterni (Gerrod Abram, croce e delizia) e ai jolly pescati in ala forte (Hermann Smith e Damon Williams) sotto canestro c'era lui. Poco tecnico, con poche movenze di quelle da raccontare ai nipotini, ma assolutamente funzionale alla causa. Perchè Rush dietro non si faceva intimidire da nessuno, e perchè quando aveva la palla in mano - e nel triangolo di Ticchi la cosa capitava spesso e volentieri - qualcosa lo riusciva sempre a tirare fuori. Magari non in modo convenzionale, ma alla fine il risultato usciva fuori eccome. Due stagioni e mezzo in maglia bianco-rosso-blu, poi una carriera sempre a quel livello, che è poi scesa verso le serie minori con l'aumento dell'età e con la possibilità di poter giocare, alla fine, da italiano.
Il suo decesso a soli 43 anni, del quale anche in rete si faticano a trovare informazioni, potrebbe lasciare indifferenti i tifosi che, abituati ai piani altissimi (siamo, come detto, negli anni dove altri facevano finali scudetto e di Eurolega), forse nemmeno se lo ricordano. Ma chi seguì il Progresso Castelmaggiore, oggi, è giusto e normale che abbia un velo di tristezza nel cuore.