Nino Pellacani è stato sentito da Luca Bortolotti per Repubblica. Un estratto dell'intervista.

"Quando sono arrivato i giornali scrivevano di Bologna 1 e Bologna 2, ti dava l'idea del rapporto di forze. Era molto raro ribaltare il pronostico, ma quando succedeva la città biancoblù era in festa a tempo indeterminato e noi stavamo tranquilli per mesi. Poi la Fortitudo anni '90 ha avvicinato le due realtà, fino all'equilibrio dell'epoca di Seragnoli e Cazzola. Oggi si toma all'atmosfera di 40 anni fa, ma va bene così, l'identità Effe è da sempre quella di chi rincorre, anche quando era al vertice. Il fortitudino è abituato a non vincere, vuol solo vedere sul petto quello scudetto con la F. Che so esser tornato quello della maglia con cui giocavo nell'83.
Il logo? Un cambio genera sempre perplessità, ci si abitua col tempo e i risultati. All'epoca si pensò a un'operazione radicale, il club voleva trovare una propria identità come aveva fatto la sezione baseball e cambiare del tutto il logo. Angoli, Caselli e Gambini chiesero a me, che facevo l'accademia di Belle Arti, di crearne uno inserendo qualche elemento grafico prettamente cestistico; ma poi il progetto non partì, desistettero perché l'identificazione con la F era troppo forte. Non ci fu modo per una reazione dei tifosi, i nuovi loghi non arrivarono mai sulle maglie.
La fortitudinità? È il sentirsi dentro una passione svincolata dai risultati, parte di un qualcosa che percepisci nell'aria. E in una città dove si vive fra due fazioni, in modo goliardico ma viscerale."

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IL DERBY ALLA FORTITUDO 95-92