IL CASO SIENA: UN COMMENTO DA BOLOGNA
In questi giorni il mondo del basket italiano è scosso dalla “questione Siena”, tornata decisamente d’attualità dopo un anno e mezzo, dato che a maggio 2014 Ferdinando Minucci era stato arrestato e da lì la situazione era rapidamente precipitata, arrivando fino al fallimento della società.
In sostanza, l’indagine Time Out si avvia alla conclusione e ci saranno a breve i rinvii a giudizio, che interesseranno dirigenti e giocatori dell’ex Mens Sana Siena, ma non l’ex coach Simone Pianigiani, la cui posizione è stata archiviata per “favor rei”, ovvero evasione sì, ma per una cifra inferiore soglia punibile per legge (150mila euro). Ma soprattutto sarà la FIP a dover prendere una decisione difficile, dato che la procura trasmetterà gli atti alla Federazione, e ci sono sei scudetti (dal 2008 in poi, quindi non quello del 2007 vinto in finale con la Virtus) più varie Coppe Italia e Supercoppe a rischio revoca.
Cosa si può dire - da Bologna - su una situazione del genere? Intanto che - se le accuse saranno confermate - la revoca dei titoli vinti sarebbe sacrosanta. Se Siena ha alterato i bilanci per passare i controlli COMTEC, e ha pagato i giocatori in maniera illecita (quindi non “solo” coi contratti d’immagine, che in certa misura sono legali), quelle squadre fortissime che hanno vinto sul campo - come ha ricordato Marco Carraretto - non avrebbero dovuto esserci. Lo facevano tutti e gli altri non spendevano meno di Siena, come si è letto? Forse, ma non risultano altre società nella bufera, o perquisizioni della Guardia di Finanza altrove, o altri presidenti arrestati tra quelli delle dirette concorrenti. Né ci sono altre indagini pendenti.
Se la revoca sarebbe quindi giusta, non avrebbe senso però riassegnare i titoli, sia perchè la formula del campionato con i playoff (e le Final Eight per la Coppa Italia) renderebbe la cosa abbastanza problematica, ma soprattutto perchè gli scudetti di cartone non servirebbero a nessuno. Non restituirebbero l'entusiasmo degli anni passati ai tifosi delle altre squadre, e non arricchirebbero in alcun modo nessuna delle società che in questo momento si sentono defraudate, ammesso che esistano ancora.
Ed è questo il punto chiave. Siena negli anni ha costruito un sistema perfetto, illecitamente perfetto. Oggettivamente la struttura societaria era da applausi, con un metodo di lavoro strepitoso, e infatti i giocatori rendevano molto meglio a Siena che altrove: in aggiunta però c’erano i vantaggi illeciti di cui sopra. E probabilmente non solo quelli. Rodolfo Rombaldoni - che peraltro a Siena ha giocato e vinto lo scudetto 2007 - ha scritto su Facebook quello che pensano un po’ tutti: vogliamo ricordare alla gente come Eze e Stonerook siano diventati italiani? Vogliamo ricordare come un giocatore tipo McIntyre aveva un contratto depositato in lega da qualche spicciolo mentre il signor Benetton non faceva una lira di nero? .... si vero poi in campo i giocatori hanno vinto meritatamente!?!
E se nei casi Eze e Stonerook è vero che Siena è stata solo brava ad approfittare di situazioni che si sono create altrove - rispettivamente a Reggio Calabria e Cantù - non si può non parlare anche di arbitri, e notare che nel corso degli anni ci sono state una serie di fischiate quantomeno strane, sempre in momenti chiave di partite chiave. A Bologna ne ricordiamo varie, sia contro la Virtus che contro la Fortitudo, e anche altrove avrebbero qualcosa da dire. Facendo la somma di tutti questi fattori, viene fuori un sistema perfetto - appunto - e una Siena che semplicemente non poteva perdere.
Prima che il “sistema Siena” iniziasse l’Italia era protagonista in Italia e in Europa, e c’erano alcune squadre ad alto e altissimo livello. Negli anni si sono viste l’ultima Fortitudo di Seragnoli, la Virtus di Sabatini che comunque per almeno tre anni è stata ad alto livello, la Roma di Toti, la Treviso di Benetton e la Milano di Armani. Di tutte queste solo l’ultima resiste, le altre per motivi vari - e spesso per demeriti propri - sono o nettamente ridimensionate o addirittura scomparse. D’altronde, soprattutto in un periodo di crisi economica, chi investirebbe nel basket sapendo che non può vincere? E’ questo il peccato più grande del “sistema Minucci”, quello di aver rovinato il basket italiano, annullando ogni alternanza al vertice e causando così la fuga degli investitori, rendendo il campionato italiano simile a quello israeliano, dove vince quasi sempre una squadra sola.
Se questo dominio assoluto fosse stato creato con mezzi leciti, non ci sarebbe stato nulla da dire: ma visto che a quanto pare non è stato così, resta solo tanta amarezza, e la consapevolezza che ci vorranno anni e anni perchè il campionato italiano torni ad alti livelli.
E l’amarezza è ancora più grande perchè - pur essendo probabilmente consapevoli di tutto - le altre società non hanno mai mosso un dito, anzi Ferdinando Minucci è stato spesso dipinto come un esempio da seguire, e addirittura eletto a presidente di Legabasket - appena tre mesi prima di essere arrestato - con votazione a larghissima maggioranza, salvo le lodevoli eccezioni di Virtus Bologna e Virtus Roma.
Vedendo un tale livello di autolesionismo, non deve stupire che il basket italiano sia ridotto maluccio, per usare un eufemismo.