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A 35 anni dal Virtus-Real che diede alla squadra bianconera la vittoria in Coppa delle Coppe, Roberto Brunamonti è stato sentito da Luca Aquino per il Corriere di Bologna. Un estratto dell'intervista.

"Eravamo una squadra sostanzialmente rivoluzionata, ricostruita l'estate prima: via Villalta e Bonamico, una sorta di rifondazione con ragazzi dal grande avvenire come Coldebella e poi Messina al primo anno da capo allenatore. Non eravamo favoriti in nessuna competizione, eppure un mese prima vincemmo la Coppa Italia e a metà marzo eccoci a Firenze per la finale di Coppa delle Coppe. Di trofei loro hanno un edificio intero, noi a livello internazionale non avevamo ancora vinto niente. A Firenze la cosa splendida fu vedere il palazzo bianconero, pieno di nostri tifosi, una carica pazzesca. Avevamo passato dei turni impegnativi, su tutti la semifinale con il Paok Salonicco, la finale non fu una partita bellissima ma giocata da tutti in maniera attenta e impeccabile.

Eravamo una squadra senza esperienza di finali, io avevo vinto una Korac a Rieti quando avevo solo vent'anni, lo stesso Ettore era all'inizio. Forse c'era un briciolo di incoscienza, non vivemmo quella settimana con stress o ansia, ci allenammo bene e sapevamo di avere l'occasione di aprire finalmente la bacheca internazionale anche se all'arrivo a Firenze non tutto filò liscio. Io ed Ettore ci attardammo fuori dal pullman all'arrivo al palasport e il custode non voleva farci entrare perché non ci riconosceva. "Voi dove andate?" ci chiese; "Veramente io dovrei giocare e lui è l'allenatore"

Della attuale Virtus mi piace la voglia di non arrendersi mai. Aldilà degli alti e bassi che purtroppo ci sono stati, la squadra ha sempre dato l'impressione di tenerci e di sbattersi sul campo. Conoscendo ragazzi come Hackett, Pajola, Belinelli e Polonara però non sono sorpreso e credo faranno un bel finale di stagione. 

Le dinamiche societarie? I giocatori non possono esserne indifferenti perché vivono in un posto dove il basket è discusso in ogni angolo della città. Queste cose non passano inosservate, Bologna non è un posto dove succede qualcosa e non ha ripercussioni. Detto questo i giocatori scendono in campo sempre cercando di fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile"

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