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(foto Virtus Segafredo Bologna)
(foto Virtus Segafredo Bologna)

Marco Belinelli, recentemente ospite di Alessandro  Cattelan nel suo nuovo format Hot Ones (disponibile su RaiPlay) è stato intervistato da Luca Muleo sul sul Corriere dello Sport. Le principali dichiarazioni.

Vediamo come finisce questa stagione, mancano ancora 4-5 mesi, poi dovrò iniziare a pensare se è arrivato il momento di continuare o meno. Ci sono molte cose da considerare: io vorrei finire con quello che sono, cioè un giocatore, e non con un lento declino. Se vedo che il fisico mi manda qualche segnale e inizia a mollare lo accetterò e andrò avanti. Per ora non c'è una data e non ci sto ancora pensando.

Ha pensato a cosa fare una volta terminato di giocare? È difficile dirlo, potrà capitare di tutto. Non rispondo, quando sarà il momento lo scopriranno tutti.

Quando tirava fino a notte al campetto di San Giovanni in Persiceto e già diceva di voler andare in NBA,che cosa vedeva davanti a sé, qual era l'immagine che aveva di lei in America? «Ho sempre e solo avuto l'obiettivo di giocare in NBA e potermi misurare con i migliori giocatori al mondo. Mi vedevo come un professionista che divideva il campo e gli spogliatoi con giocatori incredibili, cercando di imparare da loro qualsiasi dettaglio. Poi ovviamente quando d sono arrivato ho vissuto esperienze ed emozioni che non mi ero nemmeno lontanamente immaginato. Finché non la tocchi con mano, non puoi capire davvero il livello di organizzazione e di professionalità che c'è».

Qual è stata la cosa più dura da affrontare in quegli anni? La lontananza da casa, dagli affetti, dalla famiglia e dagli amici. Io avevo sempre giocato a Bologna, era la prima volta che mi trasferivo così lontano. Periodicamente famiglia e amia venivano a trovarmi, ma all'inizio è stato strano. Poi ovviamente il fatto di non giocare, giocare poco, non riusdre a dare quello che volevo e non avere l'opportunità di dimostrare sul campo chi ero nei primi 3 anni è stato tosto. Tuttavia non ho mai pensato di mollare.

Adesso invece in Italia da veterano, qual è la cosa più difficile e quella bella? Il 26 marzo compirò 39 anni, è normale sentire di più la fatica e avete tempi di recupero più lunghi rispetto a 10 anni fa per esempio, e questo mi sembra ancora strano. Ancora ho il fuoco e la passione per il gioco e sapere di potermi confrontare con giocatori molto più giovani, di poter trasmettere loro quello che io a mia volta ho imparato dai veterani, è una responsabilità ma anche una soddisfazione molto grande.

Cosa significherebbe vincere un altro scudetto con la Virtus? Sono tornato a Bologna per riportare Basketcity ai palcoscenici che merita, Bologna è casa mia, sono il capitano della Virtus, il mio desiderio è portare lo scudetto ancora qui»

Questa sera "Casa Virtus" su TRC alle 21.30
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