A un anno dal suo addio, l'ex presidente Virtus Renato Villalta è stato intervistato da Luca Aquino sul Corriere di Bologna.
Ecco le sue parole:

Renato Villalta, è passato un anno dal suo addio alla Virtus. Vero, il 26 settembre 2015. Una data che avevo rimosso.

La ferita è ancora aperta? Se ci ripenso mi fa male, ma non voglio passare per quello retorico e rancoroso che si piange addosso, ho sempre rispettato le scelte di tutti. Certo, trattandosi della Virtus mi aspettavo una certa classe nel comunicarlo e soprattutto una motivazione che ancora non conosco, non una semplice telefonata.

Come andò? Ero a Livorno per l'amichevole con Pistoia e nel terzo quarto mi arrivò la telefonata. Mi comunicavano che il consiglio così aveva deciso così e ne ho preso atto.

Per molti, quello fu l'inizio della fine. Non sta a me dirlo. Non lo so e non ci voglio pensare, sono molto amareggiato per la retrocessione, gli uomini cambiano ma la storia rimane.

La mancanza di un uomo di campo, nell'interregno tra il suo addio e l'arrivo di Bucci, è stato un clamoroso autogol? Non si sarebbe retrocessi con una figura di sport, non per forza io, che fosse un trait d'union tra la squadra e la proprietà. Qualcuno che fosse presente e prendesse delle decisioni. Le società sportive hanno equilibri diversi da quelle aziendali.

Che idea si è fatto della retrocessione? A vederla da fuori ci sono stati tre momenti decisivi. La sconfitta in casa con Caserta, dal +4 a 18" dalla fine: vincendo quella partita le cose potevano cambiare. Poi la gestione di Allan Ray e infine la sconfitta di Capo D'Orlando, dopo la quale la società ha scaricato lo staff tecnico pubblicamente. Ho una concezione di gioco di squadra e sport diversi, si vince tutti assieme e si affonda tutti assieme. I panni sporchi si devono lavare in famiglia.

Anche senza cariche, l'abbiamo vista spesso al palasport. Trovavo giusto dare un apporto morale alla squadra e a chi ha a cuore la Virtus perchè è stata parte della mia vita, da giocatore e da dirigente. L'ho fatto con convinzione, anche se avevo la sensazione di essere mal sopportato.

I tifosi hanno sofferto per questa retrocessione e riconquistarli sarà l'obiettivo della stagione. Un tifoso segue la squadra nel bene e nel male, ma ha tutte le ragioni del mondo per essere deluso. Adesso anch'io mi trovo un po' spiazzato, a volte faccio fatica a identificarmi. Quando ho visto un dirigente con una giacca militare e una maglietta alla coreana il giorno della sua presentazione mi è venuto un coccolone per quello che è il mio modo di pensare. Non metto in dubbio le qualità professionali, ma la Virtus ha il suo stile e un suo modo di fare, anche se ovviamente ci sono altre priorità.

Come le sembra la squadra assemblata per la A2? Mi pare una buona squadra, con un quintetto forte e forse un po' corta come panchina, c'è bisogno che esploda qualche giovane. Visto che l'anno scorso è andato tutto storto, speriamo che quest'anno giri tutto nel verso giusto.

Tornerà anche il derby. Se ci dobbiamo accontentare, allora ben venga il derby in A2.

La vedremo anche quest'anno alle partite interne della Virtus? Dipende dagli impegni, dalla famiglia, dalla voglia. Non è escluso che vada a vedere qualche partita.

Virtus e Fortitudo in A2 sono lo specchio di un movimento che non se la passa benissimo? E' un momento critico per il basket italiano, fra la delicata questione delle coppe europee e la mancata qualificazione olimpica davanti al pubblico di casa. Mi aspettavo le dimissioni di Petrucci, quantomeno che le presentasse. Ora sento parlare di uno spostamento della Lega a Milano, sarebbe la fine del movimento. La Lega deve rimanere a Bologna.

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